Energia e Ambiente
5 REGOLE PER UN NUOVO PARTITO
di Francesco Grillo
Cinque regole per formare un nuovo partito (o per “fare entrare il futuro” in uno di quelli vecchi)
Sembra ormai evidente. La separazione tra politica e società non è mai stata così definitiva. Nel nord ad essere a “rischio di estinzione” (come ha efficacemente argomentato qualche padano) non è solo il centro sinistra, ma l’idea stessa che qualcuno da Roma abbia la legittimità di governare. E la questione del Nord è solo la più evidente di altri problemi che stanno uno dentro l’altro.
Sparisce la politica dalle regioni più produttive, ma sparisce anche, più in generale, tra i segmenti più evoluti. Un’analisi più fine dei risultati dice infatti che l’astensione e l’indifferenza, se non l’ostilità, appaiono correlate all’aumento del reddito e del livello di istruzione. E al diminuire dell’età.
La questione esplode al Nord dove appunto reddito, volontà di intraprendere, mobilità sono, comunque, superiori. Insomma, questo è un Paese che si sta staccando dalle proprie élite, e a costituire lo zoccolo neppure tanto duro della legittimazione di un sistema di potere rischiano di rimanere le fasce di popolazione meno dinamiche, più bisognose di protezione.
Antipolitica: non solo perché aumenta l’astensione, e chi governa viene regolarmente bastonato (come osserva il segretario dei DS). Ma anche perché ad affermarsi non è semplicemente l’opposizione. Ma tutto ciò che è più radicalmente contro. La Lega appunto, che pure pensavamo avesse esaurito il proprio ciclo. E dove vince il Centro Sinistra, vince spesso con la sua parte più radicale.
Insomma, quello che diventa davvero minoritario è l’ambito al quale avremmo naturalmente dovuto guardare: l’area di un riformismo spiazzato dalla propria incapacità di produrre riforme, cambiamenti credibili.
Esiste, è ovvio, uno spazio per un prodotto politico nuovo. Che abbia il coraggio di proporre riforme radicali, che sappia guidare una modernizzazione che non arriva, che proponga un rinnovamento forte di persone e contenuti. Ed è una partita che ci riguarda immediatamente, la cui leadership può solo essere in mano ad un segmento di persone tendenzialmente giovani, mobili, che vivono delle proprie competenze: un segmento che è incapace di proporsi. Per colpa dei vecchi, dicono molti. Per colpa nostra ribadiscono non a torto alcuni degli incumbents. Non è certamente questione di colpe, e tuttavia si può provare a capire a cosa dobbiamo definitivamente rinunciare, cosa immediatamente dobbiamo fare per acquisire leadership.
Dobbiamo evitare di continuare a farneticare che abbiamo diritto al potere perché siamo giovani. La questione generazionale è in sé, e nonostante il fatto che sia ragione stessa dell’esistenza di Vision, una trappola. Non possiamo immaginare di poter acquisire responsabilità di governo solo perché giovani. E non possiamo fare il sindacato di quelli che hanno meno di quaranta anni. Non ha senso. Non ha senso politico perché voler rappresentare i giovani tout court significa cadere nella micidiale trappola – appunto – di doversi mettere a rappresentare una generazione che al proprio interno ha, come qualcuno dice scherzosamente, “un terzo di figli di mamma, un terzo di figli di papà e un terzo di persone normali”.
Ma abbiamo anche un ’altra sindrome, ancora peggiore: quella dei “bravi ragazzi”. Educati, troppo educati per pretendere come avremmo dovuto quello che è naturale in qualsiasi società che voglia sopravvivere a sé stessa: il rinnovo del patrimonio di idee, di persone senza il quale una comunità incartapecorisce, muore. Bravi ragazzi, contenti di aspettare e, tutt’al più, di essere ascoltati. Ed invece la questione è adesso quella della sfida per la leadership. Una sfida da giocare tutta sul piano della capacità di leggere, di governare una società complessa.
La battaglia va interamente giocata sulla conoscenza. È su questo terreno che si può lanciare una sfida alla quale nessuno potrà davvero sottrarsi, sul quale sollevare la vera questione morale di questo Paese. Più grande di quella che si avverte quando si leggono i testi delle intercettazioni telefoniche. La questione morale di una classe dirigente della politica che, nel 2007, mentre il mondo celebra l’innovazione come unico fattore competitivo, continua a preferire – persino nelle sue componenti (anagraficamente) giovani – la fedeltà, la mancanza di rischio, l’inerzia alla ricerca della conoscenza.
E tuttavia non bastano le competenze. Non basta essere competenti. È molto più importante il talento, che è cosa completamente diversa. Le competenze possono essere sufficienti per una carriera in una banca d’affari, non per comunicare, coinvolgere. Perché le competenze riflettono strumenti che non sono più adeguati e non possono essere sufficienti per cominciare a costruire un’ideologia, una visione del mondo. Ed una visione nuova è necessaria, se la sfida vera è capire come la rivoluzione tecnologica che ha abbattuto i costi di accesso, elaborazione e trasmissione delle informazioni sta cambiando strutture e infrastrutture di una società che non è più quella industriale.
Se poi è così, se la sfida è quella di trovare una visione (ed è così a meno che non siamo interessati ad un’altra azione di comunicazione che dura una sola stagione) bisogna superare anche la vicenda italiana. Ormai non solo il cambiamento climatico o la questione dell’energia, ma anche questioni meno eclatanti come la tutela del risparmio o la protezione della privacy hanno senso solo se affrontati su scala globale. Hanno senso solo su scala globale perché è solo a livello internazionale che si può provare a costruire una soluzione. A meno che non siamo invece solo interessati a far finta di voler cambiare il mondo e siamo quindi rassegnati ad assomigliare a quelli che vogliamo sostituire. E quindi per un nuovo soggetto politico è indispensabile costruire reti con movimenti, think tank di altri paesi europei. Reti internazionali quelle che del resto, storicamente, si sono create ogni qual volta si è trattato di rinnovare il modo di governare paesi e rivoluzioni.
Per riuscire è indispensabile essere gruppo, magari semplicemente lobby, forse però bisognerebbe riconoscersi come classe o come élite. Classe che è termine marxiano (come ideologia), e tuttavia il concetto è ancora valido seppure sarà da re inventare completamente. Classe o almeno gruppo, perché condividiamo una condizione sociale, economica, politica: l’attitudine a vivere, a governare – almeno a livello individuale – una grande modernizzazione ed una quasi totale insignificanza politica. In qualsiasi caso se continuiamo ad essere individui, se non troveremo la forza di sconfiggere questa solitudine che segna la nostra generazione, non andremo da nessuna parte.
Infine, ed è forse la cosa più difficile, per costruire qualcosa che sia completamente nuovo sarà necessario fare leva su almeno una cosa che esiste già . Lo dimostra la storia del New Labour. O quella di Sarkozy. Non si può costruire una nuova prospettiva fuori o contro ciò che già c’è. E tuttavia la trasformazione da innescare è profonda. E per questo motivo che non necessariamente piacevole, ma importante, è l’occasione del Partito Democratico. O comunque uno degli altri veicoli di innovazione, forse persino un po’ disperata, che una politica in fortissima crisi di strategia continua a proporre.
ARRIVANO GIOVANI E DONNE
di Massimo Preziuso
In questi ultimi mesi, leggo molti quotidiani, seguo molti telegiornali, e leggo molto online.
Voi direte: e quindi?
Bene, in poco più di un anno, in questo Paese siamo passati da un Governo di Centro Destra che nemmeno parlava di Giovani e di Donne (almeno che io ricordi) all’attuale governo che, grazie all’occasione storica del costituendo PD, ne parla ogni giorno di più, e inizia (lentamente) ad essere fattivo a riguardo.
Allora, mi dico: ma vuoi vedere che questo è davvero UN momento storico per l’Italia?
Vuoi vedere che si sta automaticamente creando un cambiamento politico e sociale, a seguito della classica realizzazione di “Massa Critica” di Inputs informativi sulle problematiche delle Donne e delle nuove generazioni?
Io credo di sì.
Nemmeno un anno fa, come Innovatori Europei, siamo nati proprio così (come Giovani e Donne) e abbiamo lavorato molto per indicare nell’assenza di Giovani e Donne il vero problema del nostro Paese.
In un anno sembra che tutto il Paese si sia accorto di questo: non voglio dire che Innovatori Europei abbia fatto da apripista, ma in sincerità siamo stati tra i primi a muoverci attivamente in questa direzione (anche grazie alla possibilità che APD ci ha dato nella fase di realizzazione dei Gruppi Giovani).
Per concludere: a mio avviso, se questa massa critica esiste, e se tutti noi continueremo a partecipare fino ad Ottobre (anzi forse fino alla nascita del PD), davvero grandi novità sociali potranno arrivare.
Non parlo di semplici quote nello scenario politico, parlo invece di una ritrovata voglia di criticare e partecipare che, grazie a tanti di noi, e al supporto dei Media, sta tornando tra la gente.
Questo è il mio pensiero: continuiamo così, criticando e partecipando!
LA RANA DALLA BOCCA LARGA
di Luigi Restaino
D’Alema la rana dalla bocca larga, i DS e l’Etica kantiana del giudizio.
Come scrive sapientemente oggi Ezio Mauro su “Repubblica”, dalle note relative alle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche depositate dai giudici, abbiamo evidenza di un rapporto molto intimo e dunque del tutto improprio tra il gruppo dirigente Ds e Consorte nel momento in cui Unipol è parte in causa in un’aperta contesa di mercato, con legami che portano fino a Fazio, Fiorani e ai “furbetti”.
Il rapporto quindi molto intimo e del tutto improprio.
Il Direttore di Repubblica lascia kantianamente sospeso qualsiasi Giudizio in merito, ma noi invece possiamo abbozzarlo e trarne le conseguenze dovute.
I legami che portano fino a Fazio, Fiorani e ai “furbetti” dell’attuale gruppo dirigente dei DS con certi ambienti sono un fatto, non contestabile. Ed è un fatto che la stragrande maggioranza degli italiani ed in particolare degli elettori del centrosinistra non comprende, non accetta, non riconosce coerente con le parole “di sinistra” (“dì qualcosa di sinistra” diceva Moretti proprio a D’Alema in una scena divenuta “cult” di un suo famoso film), non riconosce coerente con i valori che i DS oggi ed il PD domani devono rappresentare, anzi più che rappresentare devono vivere nella pratica quotidiana.
Vogliamo ritrovarci gli stessi uomini, le stesse contiguità, la medesima mentalità politica nel nuovo PD?
Se i valori della trasparenza, dell’etica come punto fermissimo dell’attività politica, economica, sociale, imposta con regole chiare e vissuta nei fatti dai singoli, dalle associazioni, dalle imprese, dai partiti, dalle istituzioni, non vengono incarnati dal PD e dalle persone chiamate a guidarlo allora avremo un fallimento certo, fallimento politico e sociale.
Un Partito ed una democrazia che aspira ad una partecipazione molto più profonda del semplice consenso istituzionale e procedurale esige una continuità stretta fra politica ed etica, ed una concordia sostanziale sui valori fondamentali di un’ etica laica.
Nessuno si è mai messo da parte da solo. Allora Diamoci da fare, svegliamoci per “aprire le finestre” e far entrare aria fresca nel “Palazzo”.
CHE SCHIFO!
di Aldo Perotti
Recensione del libro “LA CASTA. Così i politici italiani sono diventati intoccabili” di G. Antonio Stella e Sergio Rizzo
Ho letto il bel libro di Gianantonio Stella che sta letteralmente andando “a ruba” nelle librerie.
Il libro è una raccolta di fatti concreti, probabilmente si tratta di notizie già note agli addetti ai lavori, che però ordinate e sistematizzate colpiscono nel segno e lasciano al lettore essenzialmente una sensazione di assoluto disgusto. Lette le prime venti pagine si avverte una forte nausea ed il desiderio di vomitare tale è il fetore, in senso figurato ovviamente, che esala da quelle pagine.
Non sto a ricordare questo o quell’episodio citato ma voglio sintetizzare il chiaro messaggio che l’autore vuole trasmettere al lettore. La politica italiana è malata, gravemente malata. La febbre è altissima e la diffusione dell’infezione è forse ormai inarrestabile. Un terribile parassita, una sorta di verme solitario, si è insediato negli intestini del paese e la sua fame insaziabile condiziona gravemente il malato tanto da indirizzarne le scelte. Così la politica è costretta a mangiare e mangiare, a far lievitare le prebende, ad accaparrare e a distribuire incarichi, a drenare soldi pubblici in continuazione per sostenere se stessa ed il sistema di clientele ormai strutturato con una tale serie di intrecci da poter paragonare il malato ad un folle legato ad un letto di costrizione che si agita, si agita, ma poi resta li, solo con la sua malattia. In realtà il paese, come la classe politica, conosce bene la sua malattia, essa è ben conosciuta e delineata cosi come si può evincere nella lettura del libro. Essenzialmente tutto si riconduce ad un problema di moralità (la famigerata questione morale). La classe politica annovera al suo interno, nella sua “famiglia”, una serie di persone la cui moralità è assolutamente fuori discussione, ma nel contempo ne annovera molte la cui condotta, le cui scelte, sono da classificarsi senza dubbio “immorali” (anche senza arrivare ai reati). Il “sistema di valori” che deve caratterizzare gli uomini alla guida del paese deve tornare ad essere quello dei grandi del passato e non quello della volgarità e dell’arrivismo, del lusso e del piacere, propri delle aristocrazie e non delle democrazie. Eguaglianza, solidarietà, abnegazione, sacrificio per gli altri, disinteresse. Questo è quello che serve al paese.
Le “mele marce” devono essere immediatamente individuate ed allontanate in tutti i settori della vita pubblica. Allo stesso modo si deve rendere impossibile, assolutamente impossibile, che persone prive di capacità, attitudini, e della “moralità” necessaria, accedano a posizioni di potere o di responsabilità.
SVEGLIATEVI, BRAVA GENTE
di Massimo Preziuso
E’ arrivato, a mio avviso, il momento del “risveglio della Brava Gente”.
Per Brava Gente io intendo le tante famiglie, i tanti anziani, i tanti giovani, le tante donne, vittime di un Sistema “malato”.
Le famiglie che hanno sacrificato decenni della propria esistenza per vedere i propri figli laurearsi, per poi trovarli in grandi difficoltà nell’inserimento sociale.
I giovani “assenti” dalla scena politica e sociale, che a volte ne approfittano e tendono a scappare, in tutti i sensi, da un “duro” confronto con la realtà.
Le donne che hanno cercato in tutti i modi, e con scarsi risultati, di conciliare l’essere Donna con l’essere Femmina, con l’essere Lavoratrice, in una Società che continua ad essere maschilista.
Gli anziani che hanno assistito silenti a un cambiamento sociale così veloce, che li ha portati a trovarsi “soli e impauriti”.
Di contro, una Società pervasa da “Brutta Gente”, imbrutita, aggressiva, pronta sempre al conflitto.
Credo che oggi vi sia la possibilità di rilanciare questo Paese dalle sue fondamenta sociali: è nell’aria, da più parti, il cambiamento.
Questa fase di transizione, allora a mio avviso, deve servire soprattutto a fare uscire di casa e partecipare quella “Brava Gente” che negli ultimi 20 anni ha subito passivamente una Politica e una Società “governata” molte volte da “mediocre e brutta gente”.
La costruzione del Partito Democratico, e il cambiamento politico che avverrà anche nel Centro Destra, me lo auguro fortemente, dovrà essere il MOTORE di questa RIVOLUZIONE SILENZIOSA: finalmente, una moltitudine di “brava gente” parteciperà attivamente alla politica, possibilmente diventando “ELETTORE PASSIVO” e quindi “ELETTO”.
Questo credo debba essere il sogno di ognuno di noi.
RIVELAZIONE E RIVOLUZIONE
L’umorismo nell’utopia. Recensione al libro di Moni Ovadia, Lavoratori di tutto il mondo ridete, Einaudi, Torino 2007
di Laura Tussi
“Utopia” è il termine che sottende la negazione di un’ubilocazione, di un dove concreto nel crollo delle ideologie, in quanto in “nessun luogo” si è realizzato il vangelo di Marx nel corso della historia universale. Una fede profonda nell’ironia delle “storielle” che riecheggia con esilarante sagacia, in un tripudio umoristico declinato in frizzi, lazzi, motti e citazioni sul Regime. Le storielle ebraiche traggono origine dall’ermeneutica talmudica in una weltanschauung umanistica dove l’utopia smarrisce i propri sogni e le promesse tanto da non riconoscere le esacerbate finzioni delatorie del dispotismo di regime. Il significato dell’utopia è l’instaurazione di una società ideale di libertà, fratellanza, giustizia e uguaglianza. L’uomo è complesso nella potenzialità della realizzazione di alti ideali con i valori della negazione di prevaricazione sul proprio simile, della giustizia sociale, dell’altruismo, dell’accettazione dell’altro e del diverso, dell’amore, della solidarietà, sentimenti non scontati nelle relazioni fra individui. Dunque non è lecito considerarli irrealizzabili e utopici nei rapporti fra soggetto e collettività. “Neanche l’URSS fu l’impero del male”, ma una federazione di repubbliche dell’epoca staliniana sotto l’egida di un totalitarismo perfetto, con tristissime note di drammaticità e terrore. La storia non è finita e la società socialista dovrà ancora realizzarsi nella libertà e nella democrazia, in un’utopia verificabile e immanente non riscontrabile in “nessun luogo”, ma che pervaderà l’intera globalità collettiva della società mondiale all’insegna del comunismo in un umanitarismo sociale che si contrapporrà ai simulacri del bieco capitalismo e delle dittature del novecento. Ogni rivelazione si tradurrà in rivoluzione rigenerante e rifondatrice di topofanie (rivelazioni di luoghi della memoria) contrapposte alle utopie, dove ogni manifestazione dei luoghi di benessere sociale e civile è realizzazione di società solidali e umanistiche, quali luoghi di un’olotopia, una nuova globalizzazione mondiale all’insegna di ideali e valori umanistici e umanitari, dove le rivelazioni del “bene sommo” trionferanno sui ciarpami di sistemi politici esacerbati in dispotismi conservatori. Le storielle dell’umorismo ebraico svelano con l’ironia le ottusità del regime dittatoriale del periodo staliniano, facendo crollare tabù e pregiudizi di un periodo oscurantista tramite l’umorismo ironico che fa partorire i fantasmi dalla mente di un sistema destinato al collasso, in plurime e poliedriche catarsi ermeneutiche di significato ironico sul senso dell’esistere.
GIOVANI DEMOCRATICI
di Vincenzo Girfatti
Giovani Democratici, è arrivato il momento di impegnarsi per far sentire la voce di chi, purtroppo, fino a questo momento non ha mai avuto la possibilità di parlare e di contare qualcosa. Il 68 è lontano, ma i problemi, purtroppo, ci sono e vanno affrontati in maniera seria. I giovani italiani rappresentano, a livello mondiale, l’emblema della precarietà e della disoccupazione. Eppure abbiamo un sistema universitario che, almeno fino a qualche anno fa, formava giovani professionisti con competenze e professionalità rilevanti. Continuando così finiremo per perdere queste professionalità. Continuando così correremo il rischio di avere una classe dirigente che dalla politica starà lontano. Allora di chi è la responsabilità? Purtroppo la responsabilità è di chi non ha permesso di camminare con lo stesso passo a politica ed impresa, ad università ed ordini professionali. In Europa questo non avviene. Giovani Democratici, per essere Europei dobbiamo iniziare ad uscire allo scoperto, cercando di motivare i nostri coetanei ad interessarsi seriamente, in modo responsabile e sereno, della nazione. ‘E l’Italia che ce lo chiede. Ci proviamo?
I “QUADRI” ANTICHI
di Salvatore Viglia
Sono troppi e non abbastanza decrepiti da lasciare il loro posto. Se penso, ad esempio, a quelli come Casini, mi viene la pelle d’oca. E’ sicuro che si occuperà di noi almeno per altri trent’anni.
Disarma la consapevolezza di dover sopportare la protervia di quanti si ostinano a non lasciare il posto ai giovani.
Basterebbe, la butto lì, limitare la possibilità a due legislature ed ecco che il ricambio sarebbe assicurato. Coatto. Nessuno dei veterani, bella scoperta, ha interesse a formare una nuova classe dirigente. Da destra come da sinistra, s’intende. Neanche in questo atteggiamento elementare ed eccezionalmente popolare, si distinguono i partiti tra loro. L’osso, questo osso, non si molla.
La figura del quadro, a questo punto antico, come si usa definire il dirigente apicale della struttura di partito, è un cult. Il suo profilo è quello classico. Lo si riconosce subito dall’ostentazione della conoscenza, dalla elaborazione ideologica dei fatti chiusa nel cassetto, nella mimica facciale abbottonata ed espressiva allo stesso tempo. Non si spreca a parlare con chi non è di pari levatura. Lo vedi, però, sempre pieno di carte, di faldoni, buste foglio intero. Ma soprattutto con un pacco di quotidiani stretto sotto l’ascella libera. Strano, lui è l’artefice della politica insieme ai suoi “simili”, lui fa la politica, lui detiene le “verità”, le strategie, gli organigrammi eppure non vede l’ora di leggere i giornali per informarsi. Praticamente di sé stesso,
Solo il comizio, la propaganda, giustifica il tempo dedicato ai profani. Tutto fa pensare che questo andazzo non sarà abbandonato. Non se ne parla nemmeno e, quando se ne parla non lo si fa.
Essi, dicono sempre, e lo dicono tutti, che la questione dell’età è secondaria e che i problemi cui fare fronte, sono altri. Certo, i problemi principali sono di non salirgli sui calli.
Forse, dico forse timidamente per paura d’essere fraintesi ci mancherebbe pure questo, i giovani in gamba, le leve che potrebbero impegnarsi nelle leadership, sono diventati degli estremisti. Questa non è una buona cosa. Non solo in Italia, lo è in generale. Anche la moderazione, quando è esasperata, diviene una forma di estremismo. Ed allora, c’è bisogno che questi estremisti della moderazione si facciano sentire. Non c’è niente di male. Una volta e due i “mammasantissima” gli rideranno in faccia, poi basta.
Il problema è avere nella testa le idee, la passione che occorre ed il coraggio di esporle anche con piglio. Nessuno è disposto a fare un passo indietro spontaneamente.
Teoricamente il processo è facilissimo: indicare semplicemente una strada, il percorso e discutere sulla segnaletica.
Bisogna crederci.
CERCASI REFERENTI TERRITORIALI
Innovatori Europei vuole radicarsi nei territori per poter poi avviare iniziative interessanti per il Partito Democratico e non solo.
Ogni referente avrà a sua disposizione una pagina (es. www.innovatorieuropei.com/campania) dalla quale organizzare “autonomamente” ma in rispetto alla MISSION (OBIETTIVI) il proprio lavoro sul territorio
Se sei interessato a saperne di più vai su: ORGANIZZAZIONE o scrivici QUI
SONDAGGIO SU LIBERALIZZAZIONI
Vi invito a rispondere al sondaggio sulle liberalizzazioni di Bersani.
Ci sono risultati talmente positivi da far capire che gli italiani VOGLIONO UN PAESE LIBERALIZZATO IN TUTTI I SETTORI.
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