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disoccupazione

La morte dei cervelli – 2

cervello

di Massimo Preziuso

Fa paura notare come in una Europa in cui il tasso di disoccupazione, in alcuni casi, è raddoppiato in un solo anno, non ci siano rivoluzioni (sociali ed economiche) in corso, né si riescano ad immaginare. C’è invece una Europa che si chiude invece di lottare. Una Europa rassegnata, che ha paura di tornare ad essere innovativa ed all’avanguardia, come la storia ci ha detto. Mentre i paesi emergenti ci aggrediscono con un cocktail di ricerca, innovazione e voglia di futuro, l’Europa si arrocca. Mentre lì lo sviluppo è guidato dai giovani e dalle donne, nel nostro Paese, l’Italia, si continua a tacciare di “stupidità” coloro i quali continuano a dire che è dai giovani e dalle donne che bisogna partire.

L’Italia del 2010 fa davvero paura. E’una Italia di assuefazione alla crisi e alla decadenza. Ed il brutto è che questa verità non la si dice, a tutti i livelli. Non solo nelle TV, ormai divenute “silenziatori dello stato sociale”, ma soprattutto tra le tante associazioni e movimenti – che solo qualche anno fa ruggivano di entusiasmo, nei dibattiti da strada, tra giovani e meno giovani.

Ed è questo il dato “crudo” da cui partire, se si vuole provare a svegliare un Paese ormai immobilizzato. Partire dall’analizzare il perché i nostri cervelli si sono quasi spenti in questi ultimi anni. Facile sarebbe descrivere i motori di questo avvitamento con alcune parole – crisi, berlusconismo,  gerontocrazia, familismo, assenza di meritocrazia – ma ciò non basterebbe.

Bisognerebbe invece analizzare se e come gli italiani abbiano ereditato o sviluppato “comportamenti” che non gli permettono di fare “rivoluzioni” e di opporsi a periodi brutti come questi, vivendoli invece passivamente. E una volta fatta questa analisi, cercare di capire come sia possibile alzare quel tasso di innovazione – rivoluzione che oggi è pericolosamente basso e quando c’è difficilmente ha modo di venire a galla.

Contemporaneamente occorrerebbe capire come, se possibile, riattivare i cervelli, ridare energie, stimolare idee, in un Paese che altrimenti fatalmente muore.

Perché, mentre il Paese si avvia linearmente a vivere a “livelli energetici inferiori”, ci si permette di vedere i nostri cervelli morire?

Non la stiamo rischiando davvero grossa, questa volta?

Non bisognerebbe portare questo macro tema all’attenzione della politica, e di noi stessi, che sembriamo davvero indifferenti a ciò?

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