Significativamente Oltre

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La nuova Grecia d’Europa siamo noi

 
di Massimo Preziuso e Moris Gasparri (su Lo Spazio della Politica)   
 

Siamo entrati all’inferno.

L’Italia è con oggi a pieno titolo nella lista dei Paesi a “rischio default”. Lo ha anche detto un italiano – capo economista dell’OCSE – Pier Carlo Padoan: “non siamo troppo grandi per fallire”. L’Italia è da oggi in tutti i club che “non contano”.

In particolare è rientrata (lo era a settembre, quando però gli spread dei titoli pubblici erano sotto i 400 punti base) nel Club dei 500, che non è un network di potere ma è riferito a quei 4 Paesi europei – Grecia, Portogallo, Irlanda ed ora Italia – il cui “costo assicurativo” contro il proprio default (in linguaggio tecnico CDS – Credit Default Swap) è superiore al valore 500 (ovvero il mercato chiede 500 euro per assicurare 10,000 euro di titoli pubblici emessi da quel Paese).E’ poi entrata, sempre oggi, in quella brutta fase di crescita dei tassi di interesse sui propri titoli di stato che avviene “storicamente”, secondo molti economisti, quando si supera il valore del 6% (e oggi l’Italia ha tassi che vanno verso il 6,5%) e porta rapidamente al valore “mortale” del 7% (dove iniziano le fasi di “default tecnico” come in Grecia).

Tutto questo nonostante i continui acquisti di titoli pubblici italiani fatti dalla BCE provino, senza successo, ad aiutarci. Diverse banche internazionali dicono che questo “interventismo” da Francoforte valga altri 80-100 punti base di spread e che quindi, dovesse la BCE abbandonarci al nostro destino, il “vero” valore dei nostri spread sarebbe già di oltre 500 punti base e i nostri tassi di interesse avrebbero già superato il 7%.

In tutto ciò, ed è questa la cosa più preoccupante, l’Italia è sotto attacco per problemi di credibilità politica e di leadership. Lo abbiamo visto in molti momenti nell’ultimo anno, sia in politica internazionale (si veda l’assoluta uscita di scena dal capitolo libico, nonostante un massiccio impiego di forze militari), sia in politica europea (si veda l’uscita di scena graduale e continua dalle decisioni di politica economica e finanziaria) ed in ultimo in politica interna (con una maggioranza che prima ha perso il contatto con l’opposizione tutta, poi con tutte le forze sociali, ed ora si è completamente sfaldata al suo interno, a livello inter ed intra partitico).

Sembra proprio che siamo agli sgoccioli di un paradigma politico che è poi anche fortemente culturale. Il nostro futuro verrà scritto (insieme a quello europeo) in questo mese di novembre, e forse proprio nel G20 di Cannes che si apre nelle prossime ore, nel quale il Bel Paese la farà da “protagonista” forse più della malata Grecia.

Come ne uscirà politicamente l’Italia?

La debolezza del nostro sistema politico e la perdita di credibilità di Berlusconi hanno regalato in questi ultimi mesi a Giorgio Napolitano una posizione di forza sconosciuta in precedenza agli altri presidenti della Repubblica. Sarà lui a guidare politicamente questa fase, soprattutto il probabile passaggio ad un governo di emergenza nazionale guidato da figure esterne.

Il “siamo come la Grecia” per l’Italia ha poi un senso non solo finanziario, ma anche politico. Sapremo essere responsabili nel gestire una fase storica così convulsa, e che ci presenterà sicuramente il conto per gli anni a venire? Nel rispondere a questa domanda dobbiamo considerare anche i possibili scenari negativi. Divisioni politiche, misure rimandate e rimesse in discussione, rimbalzo delle responsabilità, crescita di spinte secessioniste, proteste di piazza guidate dai sindacati, movimenti sociali contrari alle misure di austerità decise dal direttorio franco-tedesco e dalla BCE, settori dell’opinione pubblica che chiederanno il ritorno alla lira, credit crunch per le piccole e medie imprese, aumento della disoccupazione.

E’ il modello greco, e ci conviene studiarlo con attenzione nelle sue evoluzioni. Perché da oggi per i mercati finanziari siamo diventati greci anche noi.

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