community
Seminario: Opportunità per le imprese innovative europee negli USA
OPPORTUNITA’ PER LE IMPRESE INNOVATIVE EUROPEE NEGLI USA
27 marzo 2013, Roma – ore 10.30 – 13.00
Ufficio di Rappresentanza del Parlamento europeo a Roma
Via IV Novembre 149, Roma – Sala delle Bandiere
PROGRAMMA
10.30 – INTRO
Massimo Preziuso, Innovatori Europei: “Le attività del nostro Think Tank per lo sviluppo europeo”
10.45 – INTERVENTI
Ing. Paolo Marenco, Direttore AIZOON, Silicon valley Study Tour, Rappresentante in Italia di Silicon Valley Italian Executive Council: “Fare impresa innovativa con gli USA: il bridge tra Italia e Silicon Valley”
Avv. Marco Rossi, avvocato internazionale, managing partner di Marco Q Rossi & Associati PLLC, studio legale e fiscale internazionale Italia-USA: “Sbarcare negli USA: pratiche legali, societarie e fiscali”
Avv. Mark Santo, socio, Marco Q. Rossi & Associati, studio legale e fiscale internazionale Italia-USA: “Accesso ai mercati di capitali e modalità di finanziamento di start up innovative negli USA”
Prof. Carlo Alberto Pratesi, professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese alla facoltà di Economia dell’Università Roma Tre, fondatore di InnovAction Lab: “Come nascono le idee di business: l’esperienza di InnovAction Lab”
Altri interventi
12.00 – DIBATTITO APERTO CON I PRESENTI
“Quali sinergie tra creatività e finanza di rischio per fare impresa innovativa?”
Con Massimo Preziuso, Paolo Marenco, Marco Rossi, Mark Santo, Carlo Alberto Pratesi, Luisa Pezone, Ruggero Arico, Salvatore Viglia, Susi Billingsley, Mario Sforza, Giuseppe Spanto e altri.
Modera: Giuseppina Bonaviri, Innovatori Europei
Evento su Facebook: https://www.facebook.com/events/153459321484420/
Per informazioni: infoinnovatorieuropei@gmail.com o eprincipato@lawrossi.com
I poteri della Repubblica
Di Giuseppe Mazzella
“La crisi politica che l’ Italia sta vivendo non è paragonabile ad una semplice crisi di governo. C’è qualcosa di più. Emergono fattori che le pur travagliate esperienze della Prima e delle Seconda Repubblica non avevano mai registrato. Ci sono elementi in grado di spostare gli eventi verso una vera e propria crisi di sistema”. Lo ha scritto in prima pagina Claudio Tito su “ La Repubblica” di sabato 23 marzo 2013 nella sua “ analisi” del pre-incarico all’ on. Bersani di formare il governo ricevuto dal Presidente Giorgio Napolitano. Credo che soltanto per evitare allarmismi Merlo non afferma chiaramente che questa è una crisi di sistema, del sistema politico italiano che è ancora un parlamentarismo con due Camere che hanno gli stessi poteri e questa “ Repubblica parlamentare” delineata dalla Costituzione del 1948 che ricalcava quella della IV Repubblica francese del 1946 è rimasta la stessa ed è quindi improprio ricorrere alla “ numerazione francese delle Repubbliche” perché ogni nuovo sistema politico della Repubblica veniva segnato con una nuova Carta Costituzionale – ecco perché in Francia le “ Repubbliche” sono cinque. Siamo in piena crisi della “ Repubblica parlamentare” con due Camere con gli stessi poteri – qualcosa che hanno solo nel piccolo Belgio e non a caso è stata richiamata la lunga crisi del “ plat pays” come chiamava Jacques Brel il suo Paese che nella lingua “ francofona” è femminile e non maschile.
A questa crisi del parlamentarismo – che dura da almeno 30 anni con un dibattito infinito sull’opportunità di cambiare questa parte della Costituzione fatto di Commissioni Bicamerali e di innumerevoli proposte avanzate da costituzionalisti famosi come Giovanni Sartori – si è cercato di porre rimedio modificando le leggi elettorali dopo circa 40 anni di proporzionale pura fino ad arrivare alla “ porcata” in vigore che ha abolito le preferenze e dato un premio di maggioranza alla Camera ma non al Senato.
Avere due Camere con gli stessi poteri ed addirittura con due metodi di votazione ha partorito l’ assurdo di oggi costituito dal fatto che il centrosinistra ha una maggioranza alla Camera ma non l’ ha al Senato e poiché il voto di fiducia deve essere dato dai due “ rami del Parlamento” non c’è oggi nel parlamentarismo italiano una governabilità. Aggiungiamo ancora che il secondo o addirittura il primo partito italiano è un “ Movimento” trasversale che un altro commentatore de “ La Repubblica”, Michele Serra, chiama “ i superiori” perché il M5S non sta né a destra né a sinistra.
Questo “ Movimento” che ha il 25% dei voti con oltre 100 deputati ed oltre 50 senatori e con il quale il centrosinistra vorrebbe fare una larga maggioranza respinge sdegnosamente tutte le offerte di governo in modo offensivo e sprezzante.
Una “ grande coalizione” tra i due maggiori partiti alternativi – il PD ed il PDL – non è praticabile per le posizioni inconciliabili del padre-padrone del PDL, Silvio Berlusconi, con quelle ferme e decise di un centrosinistra che è già una coalizione tra il PD, SEL ed il PSI.
Di questa crisi di sistema credo che il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ne abbia certezza tanto da conferire l’ incarico di formare il governo all’ on. Bersani non solo in modo atipico – è un pre-incarico nemmeno un incarico esplorativo – ma motivandolo con un ampio discorso che non ha precedenti nella storia della nostra Repubblica. Fino ad oggi il Presidente della Repubblica si limitava a conferire l’ incarico di formare il governo ad una personalità in grado di ottenere la fiducia nei due rami del Parlamento e non aggiungeva altro.
Il Presidente Napolitano ha già avviato, per quanto possibile, una “ Nuova Repubblica” che appare inevitabile per la salvezza della Democrazia che non può andare avanti in questo modo con due Camere con gli stessi poteri e con una porcata di legge elettorale. La prima riforma da fare è a mio parere la riforma costituzionale oltre naturalmente alla riforma di costume della severa moralizzazione della vita pubblica.
Questa crisi di sistema mi ha riportato alla mente la crisi del parlamentarismo della IV Repubblica del 1958. Il parlamentarismo fu avversato dal generale Charles de Gaulle ( 1880-1970), il salvatore della Patria durante la II Guerra Mondiale, che abbandonò il potere nel 1946 dopo la vittoria e si ritirò nella sua villa di Colombay-les-deux –églises e vi restò per 12 anni. Di fronte al pericolo di una guerra civile determinata dai rivoltosi di Algeria e della incapacità della IV Repubblica di formare un governo autorevole in grado di salvare il paese il Presidente della Repubblica, Renè Coty, un liberale conservatore, si rivolse “ al più illustre dei francesi” per formare il governo. De Gaulle non era neanche deputato e non era a capo di alcun partito. Già aveva 68 anni ed aveva già scritto le sue “ Memorie di guerra”.
De Gaulle il 15 maggio 1958 rilascia una dichiarazione di sette righe, rimasta famosa, dove si dichiara “ pronto ad assumere i poteri della Repubblica”. Il passaggio dei Poteri avvenne nell’ assoluto rispetto della legalità repubblicana. De Gaulle fece redigere una nuova Carta Costituzionale da un gruppo di esperti e la Carta della V Repubblica fu approvata da un Referendum deliberativo senza passare per una approvazione parlamentare. La Carta della V Repubblica rimarcava i valori fondanti della prima mai messi in discussione ma riformava sensibilmente il funzionamento introducendo un “ semipresidenzialismo” che è sopravvissuto a de Gaulle e che dura ancora oggi anche se quella Carta ha subito 13 modifiche e nessuno in Francia ha gridato allo scandalo.
Mi auguro che l’ Italia oggi non si trovi nella condizione della Francia del 1958 ,anche perché non abbiamo un de Gaulle, ma certamente abbiamo necessità di una svolta politica, istituzionale, morale, in un momento forse ancora più drammatico di quello francese del 1958 perché abbiamo la più terribile crisi economica e finanziaria che abbiamo mai vissuto nella nostra storia. Questo momento storico richiede una eccezionale Responsabilità da parte dei deputati e dei senatori eletti o nominati ciascuno dei quali dovrebbe sentirsi “ il più illustre degli italiani”.
Italia 2013: una rivoluzione alla ricerca di una leadership
di Francesco Grillo
Paura e speranza. C’è posto per entrambi i sentimenti. In Italia, fuori e dentro i Palazzi nei quali in queste ore, il Presidente della Repubblica sta cerca…ndo la mediazione più difficile della sua carriera per dare un Governo al Paese. E anche in Europa, a Londra dove ieri in una conferenza promossa dai think tank Vision e Demos, politici, giornalisti , accademici si sono interrogati su chi possa mai svegliare un’Italia e un’Europa che sembrano – entrambe, anche se per ragioni diverse – essere sprofondate da vent’anni un uno stato di coma profondo. Da dove può venire la leadership per realizzare il cambiamento che tutti ritengono indispensabile se a tutti e quattro i protagonisti – Bersani, Berlusconi, Monti e, per ultimo, Grillo – sembra mancare la forza o la volontà per assumere le scelte radicali che il cambiamento comporta?
Pessimismo della volontà e ottimismo della ragione, avrebbe detto Gramsci.
L’unica certezza che si respira a Londra è che il tempo del declino italiano, della stagnazione Europea è – dopo vent’anni – finito. Da questo momento in poi o la crisi si avvita verso un impoverimento che finirà con il compromettere il tenore di vita di una classe media assai estesa e verso un collasso che finirà con il mettere in ginocchio l’Europa stessa; oppure troveremo il modo di rimuovere i vincoli che impediscono alla Società italiana di usare un potenziale che è significativo proprio perché ampiamente sottoutilizzato.
Scelte: per evitare la catastrofe, l’Italia non potrà più rimandare quelle decisioni che il governo Monti ha solo sfiorato e che in campagna elettorale non sono state chiamate con il loro vero nome. Scelte che richiedono un capitale politico, una capacità di mobilitazione che nessuno ha.
Non ha futuro un Paese che spende in pensioni cinque volte di più di quanto investe in educazione. Non possiamo continuare ad abbaiare alla luna dei finanziamenti europei che le Regioni del Sud non riescono a usare, se non estendiamo (prima ancora di riformarlo) l’articolo 18 all’amministrazione pubblica rendendo licenziabili i dirigenti pubblici che sprecano risorse. Non possiamo mandare in giro Presidenti del Consiglio a fare attrazione di investimenti e di tecnologie che sono indispensabili per ricominciare a crescere, senza riformare in maniera completa il Fisco che è il punto di partenza di un qualsiasi Patto tra Stato e imprese, e la Giustizia che è la base di una qualsiasi relazione di fiducia tra imprese o tra individui.
Il problema che nessuno dei governi che si sono succeduti in questi ultimi vent’anni ha risolto (visto che chiunque ha vinto una elezione ha sempre perso quelle successive) è: come faccio a rendere popolari scelte che sembrano non digeribili? Come fa il leader di un Partito Politico ad andare contro agli interessi dei segmenti elettorali che rappresenta?
L’idea che circolava nella conferenza di ieri a Londra è che l’errore più grande che – collettivamente – gli Italiani hanno fatto negli ultimi vent’anni è stato proprio quello di aspettare un Principe azzurro che risvegliasse – con un qualche miracoloso bacio – l’economia italiana dal suo lungo letargo.
Il cambiamento di cui abbiamo bisogno non può che essere di modifica profonda degli assetti di potere e di distribuzione delle risorse. Avrà bisogno di mobilitare un’intera categoria sociale fatta di persone che hanno competenze sottoutilizzate e che, probabilmente, nelle ultime elezioni hanno votato per il Movimento a Cinque Stelle. Servirà quella che gli storici chiamano élite capace di fare l’elaborazione di un progetto e di coinvolgervi, persino, molti di quelli che sono privilegiati convincendoli che senza cambiamento anche i privilegi saranno presto spazzati via dalla mancanza di soldi. E potrebbe essere tra i tanti che hanno deciso di abbandonare l’Italia per studiare e lavorare tra Parigi, Londra e Bruxelles, un pezzo della classe dirigente del cambiamento.
Per riuscirci chi ha davvero talento dovrà, però, smetterla di lamentarsi, avanzare un’idea di trasformazione complessiva, pretendere di misurarsi sul piano del consenso e della democrazia , riconoscersi come gruppo, maturare una coscienza di quanto si ha in comune con altri.
La conclusione della conferenza di Londra sul futuro dell’Italia è allora stata più o meno questa: più che fare previsioni e aspettare principi azzurri, vale la pena cercare – in questo momento – di anticipare la storia mettendosi in gioco. Questo, in fin dei conti, è da sempre il senso dell’ottimismo della volontà da contrapporre al pessimismo della ragione.
Articolo pubblicato su Il Messaggero e Il Mattino del 22 Marzo
Innovatori Europei da una prospettiva lucana
di Massimo Preziuso per il Quotidiano di Basilicata
E’ bello poter raccontare di un progetto a cui si tiene molto alla Regione in cui si è nati e dove si è passata la propria adolescenza, ricevendo la primissima formazione.
Innovatori Europei è innanzitutto un Think Tank politico oggi presente in tutta Italia, che ha già varcato i confini nazionali, ma che sin dalla sua creazione ha risentito – nel bene e nel male – di un metodo e di un approccio “lucano”: caratterizzandosi con uno start-up “pigro”, una crescita iniziale molto controllata e una connaturata tendenza a lavorare – per anni – “sotto traccia”, quasi per non voler apparire troppo.
Innovatori Europei è nata dall’incontro di alcuni “amici per caso” nel 2006, a Roma, in una fase unica di creatività e di attivismo della società civile progressista italiana. Innovatori Europei è col tempo divenuto un innovativo e, a dir di molti, originale esperimento progettuale e politico, che ha coinvolto alcune migliaia di persone fino ad oggi.
Da protagonista della società civile ha contribuito alla costruzione del Partito Democratico [a cominciare dalle Associazioni per il PD], e di questo percorso porta le tracce dentro di sé nella forma della compresenza delle varie sfaccettature ideali del progetto politico originario.
Rimasta indipendente per scelta – ma vicina al Partito – in questi ultimi sei anni, Innovatori Europei ha continuato a sviluppare una sua peculiare capacità di analisi critica e propositiva, non esimendosi di profondere energie ed impegno nei territori, nel “fare politica” in modo attivo; non dimenticando la priorità delle sue origini, che è quella di contribuire a dare definizione e stimolo intellettuale a proposte progettuali innovative.
Innovatori Europei tende ad occuparsi di tematiche di frontiera – come quelle del mondo delle Radio e Televisioni locali, degli italiani all’estero o del rapporto tra l’Italia ed i paesi in tumultuosa evoluzione e sviluppo, come i BRICS, ma non solo. Elaborando, al contempo, idee e strategie su temi oggi divenuti centrali in tutte le agende politiche – quali la sostenibilità ambientale dello sviluppo, l’innovazione tecnologica e la necessaria evoluzione della politica per poter ritornare ad essere fattore di sviluppo dell’attività civile ed economica del paese e non un freno.
Possiamo essere orgogliosamente consapevoli di avere una originale visione del futuro degli Stati Uniti d’Europa – con un baricentro meno nordico di quanto oggi si percepisca ed un ruolo di capitale culturale per Roma.
Nell’ultimo anno ci siamo iniziati a spendere nell’ambito di iniziative civiche elettorali, impegnati nell’affermare i veri valori progressisti, con un approccio non ideologico: e su questa strada intendiamo continuare nei prossimi mesi.
Siamo presenti in molte Regioni di Italia ed in alcune capitali del mondo, dove incubiamo progetti e partecipiamo al lancio di iniziative progettuali e politiche.
Lo siamo anche in Basilicata, una terra che nei prossimi mesi ed anni, grazie al ritorno di tanti giovani e donne alla politica e alla cosa pubblica, potrà ridiventare un ambiente naturale per un modo di vivere la politica positivamente, ispirandosi ad una sana creatività orientata al cambiamento.
Per informazioni: www.innovatorieuropei.com
2013 Anno Zero del PD – Un Cantiere Politico e Programmatico subito (documento aperto a contributi)
Siamo all’Anno Zero.
Perché al prossimo e vicino giro ci troveremo necessariamente a un bivio. Il bivio tra il recupero di credibilità della politica di fronte ai cittadini e il definitivo collasso del sistema. Questa volta sarà vietato sbagliare, saremo coinvolti tutti, necessariamente chiamati a dare una risposta a una richiesta fin troppo a lungo disattesa.
E in questo gioco per primo il Partito Democratico si trova ad un bivio: quello tra il tentativo di sopravvivere a se stesso, nelle forme e nei contenuti visti fino ad ora e il lancio di una sfida, la voglia crescere, di osare, di diventare finalmente quel contenitore di idee e di persone, quella sinistra riformista che in tanti abbiamo auspicato.
Significa questo che tutto ciò che abbiamo fatto fin qui sia da buttare? Assolutamente no. Dobbiamo tenerci stretto il processo costituente che nel 2006-7 favorì l’avvicinamento alla politica di tanta e sana società civile, l’idea delle primarie per la premiership e delle parlamentarie, e la voglia di costruire programmi condivisi.
Possiamo dirlo che dei passi avanti, a partire dal 2006, li abbiamo fatti: ma tante cose ancora dobbiamo migliorarle.
Le primarie e le parlamentarie dovranno essere aperte sul serio, anche alla rete internet, basate su regolamenti chiari, e svolte in tempi normali, non sulla base di emergenze e straordinarietà.
E lo stesso valga per i programmi, che vanno costruiti e dibattuti anche in rete.
E’ questa la principale lezione che il Movimento Cinque Stelle ci ha dato. L’utilizzo delle rete quale forte motore di democrazia partecipativa nell’Italia del nuovo millennio.
Oggi siamo chiamati a rimettere in moto quell’idea di riformismo, di partecipazione, di coinvolgimento, di presenza, di ascolto che da sempre ci appartiene ma che non siamo ancora riusciti a concretizzare.
E per questo occorre una ripartenza.
Un Anno Zero del PD: l’apertura di un Cantiere Politico e Programmatico, in un’ottica di rinnovamento generale e profondo, con scelte radicali irrinunciabili, che rimetta al centro i cittadini, che veda la rete Internet come potente mezzo partecipativo e garanzia di trasparenza, i nuovi linguaggi comunicativi come una risorsa e non come un limite, il pluralismo nei fatti e non nelle parole come arricchimento per tutto il Paese.
Un cantiere che porti alla costruzione di una nuova coscienza identitaria e di una classe dirigente diffusa che ci guidi verso la riaffermazione della dignità del popolo italiano, in una prospettiva europea, per la ripresa del cammino verso gli Stati Uniti d’Europa.
Per adesioni o contributi: infoinnovatorieuropei@gmail.com – www.innovatorieuropei.com
Il “Progetto Progressista” di Innovatori Europei. La frittata PD è bella che servita!
di Salvatore Viglia su Politicamente Corretto
La frittata PD è servita. Presidenze di Camera e Senato alé! La vittoria di Pirro si è consumata con il voto di 463 incoscienti ed il PD ha sottoscritto così la propria impotenza intellettuale e politica avendo ottenuto il trono per l’on. Laura Boldrini alla Camera e quello del Senato per Grasso. Ed ora? Il M5S vince su tutta la linea perché è quanto desiderava accadesse: nessun do ut des con il chicchessia. Con questa forzatura il PD ha mostrato dei limiti incolmabili al cospetto del paese e delle responsabilità cui sempre fa riferimento. Non aver votato in blocco il candidato M5S Fico già dalla prima votazione, ha mostrato solo la volontà suicida di giocare a fare i seri piuttosto che dare un segnale veramente forte di disponibilità al dialogo per il bene della cosa comune. Si apre, davanti a Bersani, la strada di un governo del Presidente con il Movimento 5 stelle all’opposizione. La possibilità è ormai indicata inequivocabilmente. Nessun futuro con una classe dirigente ingessata, sclerotica e presuntuosa. Meglio così in fondo. Il M5S ha un vantaggio incolmabile al cospetto di questo gruppo di balene piaggiate che fanno pena più che rabbia ormai. A questa classe politica sarà riservata la debacle ed una percentuale da serie B alle prossime elezioni. E’ un carro da abbandonare. Il perpetrarsi di errori gravissimi esige una riflessione definitiva con una sola drastica proposta. Il “Progetto Progressista” di Innovatori Europei, anima intellettuale, pura da dipendenze di segreterie, consta di un solo punto fondamentale, innovativo per eccellenza, risolutivo e comprensivo di una nuova pianificazione ideologica intellettuale che si disloca “significativamente oltre”:
1) Dimissioni in blocco di tutta la nomenclatura del Partito Democratico a partire da subito; azzeramento dei vertici; cambio della denominazione; nuova fase costituente.
Non è dato attendere oltre dichiarazioni ex post ed ammissioni di colpevolezza di decisioni incomprensibili e di errori gravissimi di cui il PD si è reso protagonista negli ultimi decenni. Su questi dirigenti pesa il fardello di una irresponsabilità incalcolabile mascherata da consapevolezza forbita di retorica stantia. Se il paese soffre è colpa grave del PD. E’ un dato che è nei fatti e nella storia. Una compagine come questa è un danno per tutti.
Berlusconi presidente della Repubblica? Saremmo alla pazzia collettiva.
di Arnaldo De Porti
Avevo abbozzato il titolo della riflessione che sto per fare qualche ora prima delle elezioni dei presidenti di camera e senato e, per quanto non del tutto scontata, detta mia pessimistica ipotesi sembra per fortuna allontanarsi, a meno che il popolo italiano, nel suo masochismo politico consolidato, non ami essere preso per il c…, come ha scritto Paolo Flores d’Arcais, definendo Berlusconi, senza mezzi termini, uomo politico abituato a delinquere che, in un paese normale, sarebbe in galera da almeno 20 anni… infatti, e questo lo aggiungo io, in questi 20 anni egli non ha fatto altro che prendere per i fondelli sia il Presidente della Repubblica che tutte le Istituzioni democratiche, compresi gli Italiani che lo hanno fischiato sino all’ultimo minuto, anche ieri…quando si è recato a votare per Schifani.
Le ultime pagliacciate per non presentarsi ai processi motivando il “legittimo impedimento” (che non gli ha però impedito di convocare il suo stato maggiore all’ospedale San Camillo ove si era fatto ricoverare, a mio avviso, con la compiacenza di qualcuno), evidenziano come questo signore di Arcore sia in grado di mettere in atto iniziative diaboliche per dribblare tutto ciò che gli ostacola la possibilità di andar contro le leggi, grazie ad uno stuolo di avvocati che ora pagheranno lo scotto di certe loro spudorate arringhe volte a non far andare in galera il loro “illustre” assistito.
Stiamo uscendo da questo ventennio di pazzia collettiva ? E’ sperabile questo ?
Alcune riflessioni a caldo. Fino a ieri pensavo che il centro-sinistra fosse finito e che le strategie di Bersani non dessero un risultato, tant’è che stavo per rassegnarmi a morire d’inedia: E con me, tanti miei amici che, dal berlusconismo avevano contratto una vera malattia. Poi, la sorpresa: le candidature di Grasso e della Boldrini, in sostituzione di Franceschini e della Finocchiaro, mi hanno fatto sperare in quanto, secondo il mio modo di sentire, nessuno avrebbe avuto modo di eccepire alcunché a loro svantaggio. E così, per fortuna, è stato, anche grazie al M5S il quale, in questa provvidenziale sostituzione, aveva annusato l’uscita da certi schemi della vecchia politica. Dico questo anche per un senso di gratitudine a Beppe Grillo in quanto se non ci fosse stato lui, al di la delle sue intemperanze politiche non sempre all’insegna della democrazia, nulla sarebbe cambiato. Ergo si può dire a pieno titolo che Grillo ha cambiato il sistema politico italiano ! E tutto ciò è assolutamente positivo.
Ora, nomi illustri di primo piano se ne dovranno uscire dopo il risultato e, in attesa della formazione di un nuovo governo, posto che detti nomi illustri non facciano “dispettucci”, dovrebbe esserci il tempo per riflettere. Anche da parte di Grillo che, ripeto, a mio avviso, è stato l’unico vero vincitore di questa recente tornata elettorale e che, di conseguenza, se non gli da di volta il cervello, dovrebbe capire ed essere pago che tutto sta procedendo nella direzione da lui voluta, evitando di andare a nuove elezioni a breve, come da molti prospettato.
Che dire di Berlusconi e Monti ? Il primo se ne deve assolutamente andare anche perché è caduta l’ipotesi da lui tanto agognata di fare il Presidente della Repubblica (lo immaginate Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura !?), mentre Monti, una volta espletati gli affari correnti come richiestogli dall’attuale Presidente della Repubblica, dovrà occupare uno dei tanti cimiteri per elefanti in sede UE, con qualche ossidazione riveniente da una certa double-face mostrata durante queste elezioni.
A mio avviso, ora ci sarebbero tutte le condizioni, per governare ove certa “gentaglia” che conosciamo da 20 anni, non voglia buttare a fondo il paese per ripicca e tornaconti personali.
Ed a tutto ciò, si accoppia un’aria nuova vaticana che dovrebbe battezzare anche questa nuova politica.
O rivogliamo il bordello politico con i “porcelli” elettorali ?
Sagge e Saggi per il Partito Democratico
di Giuseppina Bonaviri
Sono passati ben sette anni da quando, nell’ottobre del 2006, sottoscrivemmo questo appello. Il Pd nacque dall’incontro di molte anime e formazioni il cui baricentro fu l’unione di tutti i democratici, riformatori e progressisti. Questa esperienza fu costruita con entusiasmo e fatica, voluta con forza e vigore, con gioia da una enorme fetta di società civile, nel pluralismo di tante culture e non come brutale sommatoria di classi dirigenti di partiti. Ci interessava mettere in piedi un soggetto nuovo, responsabile, aperto che avrebbe potuto interpretare nella pienezza la storia della società italiana. Si coinvolsero, in questo processo di consultazione, personalità, movimenti, associazioni; si scrisse una carta dei valori, regole di azioni quali tappe strutturali per gli Stati Uniti d’Europa tenendo conto delle ragioni di tutti. Il Pd nacque da un atto di fede e di coraggio fortemente rivolto a quel periodo di riforme che avrebbero dovuto sovvertire la politica italiana ed europea. Oggi, che il Pd è rotto da logiche deformate interne, sento grande la malinconia per quel tempo passato. Sottovoce penso e mi dico: “le proposte per il rilancio di questo soggetto-progetto, che fu concreto, leale e tecnicamente praticabile, riparta umilmente ricreando le atmosfere passate con la ricostruzione di pensatoi di giovani e donne, di comitati di sagge-i autorevoli, di indipendenti facilitatori perché non fuorviati dai conflitti di interesse e per questo fiduciari di un potere non attanagliato e lesivo del bene pubblico”. Promuovere, ora, un memoriale che rimetta al centro cittadinanza attiva e militanza depositaria di quei saperi antichi appare obbligo civile e morale per fare del Pd un partito diffuso, rinnovato, inedito, unico.
Grillo tiene per le palle il PD che si avvia alla disfatta. Un gruppo di balene spiaggiate
di Salvatore Viglia su Politicamente Corretto
Il PD si avvia alla disfatta totale ed alla fine politica certa.
L’atteggiamento autodistruttivo dei suoi dirigenti dimostra chiaramente che questo partito non solo non è in grado di governare ma neanche di uscire dal pantano ideologico nel quale sguazza. Lo abbiamo visto con il famoso listino di Bersani nel quale avrebbe cooptato gente della società civile.
Società civile, che significa? Cioè cittadinanza. Neanche il coraggio ed il buon senso di parlare di cittadini. Ed ora che i cittadini sono in Parlamento, si scandalizza e si preoccupa delle loro competenze perché le responsabilità, il paese esige ecc.
Lo vediamo anche oggi che si votano i presidenti di Camera e Senato. Perché il PD non ha votato Fico e la faceva finita dimostrando di fare un primo passo di avvicinamento? Le responsabilità del PD diventano ogni giorno che passa sempre più pesanti e gravose.
Eppure, al M5S non interessa affatto la presidenza della Camera o del Senato. Questi ancora non hanno capito che il movimento non mira a transazioni di incarichi anche se tra i più istituzionali sulla piazza.
Letta, Franceschini, Migliavacca, Bindi, la stessa Finocchiaro si aggirano per le aule parlamentari come balene spiaggiate. I ragazzi del M5S, sanno che è semplice governare se alla base si pongono principi etici irrinunciabili.
Messico, un ‘Pacto’ per lo sviluppo sostenibile e le energie rinnovabili
di Paolo Salerno (pubblicato su Canalenergia)
Lo scorso dicembre, il nuovo presidente degli Stati Uniti del Messico, Enrique Peña Nieto, ha stipulato un patto per la crescita, insieme a tutte le più importanti forze politiche del Paese.
Uno dei punti principali, il 2.4, parla della necessità di favorire una politica che abbia come obiettivo principale la riduzione della produzione energetica da fonti fossili, puntando allo sviluppo delle energie rinnovabili. Per discutere di questi temi, sono state organizzate una Conferenza presso l’Universidad Iberoamericada del DF e un seminario di Medio Ambiente della Universidad de San Luis Potosí, dove si analizzeranno la giovane legislazione in materia, datata 2008, e di come il modello europeo possa suggerire degli spunti di riflessione per migliorarla.
Per ció che riguarda le energie rinnovabili, in particolare, risaltano alcuni aspetti interessanti. Innanzitutto, in Messico non godono di un regime giuridico speciale, come per esempio in Spagna, e non godono, a livello fiscale, delle tariffe incentivanti. Questa situazione comporta un rallentamento nella crescita del settore che, però, allo stesso tempo ha un potenziale tale da stimolare le Istituzioni a riflettere su questi aspetti e cercare le situazioni più efficaci per lo sviluppo. Questa condizione è dettata soprattutto dal fatto che non esiste un mercato elettrico aperto, visto che l’impresa statale CFE (che sarebbe la corrispondente della nostra ‘vecchia’ ENEL), ha il monopolio.
Nonostante questa situazione la LEARFTE, che è la legge per la promozione delle energie rinnovabili, permette che in alcuni casi i privati possano produrre energia per l’autoconsumo, normalmente dopo che la Segreteria dell’energia abbia dato la concessione. Questo sistema permette non solo ai piccoli proprietari, ma anche alle imprese piccole e medie di produrre la ‘propria’ energia.
Guardando questa giovane regolazione, riformata già una volta a fine 2012, si può dire che per una diffusione maggiore dovrebbero adottarsi, in linea con il modello europeo, degli incentivi tanto fiscali quanto infrastrutturali. Inoltre sarebbe altamente raccomandabile che venisse introdotta una tassa speciale sulla produzione elettrica da idrocarburi e che la stessa venisse investita nel mercato delle energie rinnovabili. Va da sè che un paese come il Messico, tanto per estenzione, come per risorse ha un potenziale enorme di produzione energetica rinnovabile. Basti pensare che il fotovoltaico e il termoelettrico sono praticamente ancora da lanciare e rappresentano un mercato attraente anche per molte imprese europee.
Il più grande vantaggio del Messico, rispetto all’Europa, è quello di essere un unico Stato e pertanto la legislazione centrale gli consente di poter programmare e sviluppare progetti su tutto il territorio senza dover far conto con i mercati regionali o nazionali. Bisogna anche tener presente, però, il dato che indica una produzione di energia per una quota superiore al 70% da materiali fossili, come carbone e petrolio. La grande disponibilità di queste risorse, e quindi i bassi costi, non fa considerare per il momento come urgente la crescita del mercato elettrico rinnovabile.
In conclusione, Messico ha bisogno di migliorare la sua regolazione, ma allo stesso tempo può essere considerato come uno dei Paesi con più potenzialitá di crescita in questo settore, elemento che lo rende molto attraente per gli investimenti esteri.
Paolo Salerno, Innovatore Europeo, avvocato e ricercatore dell’Universidad Complutense de Madrid