ambiente
La competizione elettorale personalizzata
Spero che non si pensi di commettere lo stesso errore fatto in passato, quello di concentrare l’attenzione sulla competizione personalizzata, prima con Berlusconi, ora con Monti, sarebbe grave, sbagliare può essere umano ma perseverare credo veramente sia da “incapaci politici”.
Temo però che stia fatalmente accadendo, accodandoci passivamente alle esigenze delle trasmissioni televisive e radiofoniche delle reti Mediaset e Rai che, notoriamente devono parteggiare per il possibile vincitore per ottenerne dei vantaggi successivi, e alle esigenze giornalistiche che hanno interesse a alimentare commenti da gossip per vendere qualche copia in più piuttosto che gestire correttamente la condizione politica e il futuro economico, ma ancor di più quello sociale di questo, sempre più sgangherato, paese.
La verità è che non stiamo parlando ai cittadini del progetto futuro per l’Italia, di chi ad esempio indichiamo per la poltrona del Quirinale, per dare continuità alla Presidenza attuale di Napoletano, non stiamo parlando di come si intende uscire dalla situazione di disoccupazione sempre più pericolosa per la contrapposizione e conflitto sociale che rischia il paese, non stiamo parlando ai ceti sociali una volta considerati il “ceto medio” ipotizzando ad esempio le possibili soluzioni per ritornare ai piccoli esercizi commerciali evitando i grandi centri commerciali che, come si è visto sono gestiti spesso dalla malavita che dispone di ingenti somme economiche e che attraverso questi centri può disporre di ulteriori economie cash, non si capisce cosa stiamo proponendo per i piccoli artigiani che subiscono sempre più le condizioni capestro degli istituti di credito e sono costretti a pagare, per conservare il lavoro ad affermare che “senza il nero” non si sopravvive giustificando in questo modo l’evasione fiscale, non comprendendo che proprio questo è l’obiettivo dei poteri forti, ovvero, costringere tutti ad essere evasori per giustificare le proprie responsabilità.
Non capisco ad esempio perché nessuno apre bocca sull’unica capacità industriale del nostro paese di uscire dalla crisi mettendo a disposizione della cultura e del turismo somme di investimento che possano garantire al paese incassi di valuta estera proponendo soluzioni di intrattenimento ben programmate e di effetto nei nostri centri storici e nelle città d’arte che, nel nostro paese certamente non mancano.
E’ di destra questo ragionamento?
Forse, ma se questo discorso è di destra che si dica almeno qualcosa di sinistra, ovvero alla “classe operaia” come promettiamo di rilanciare il mercato dell’auto?
Di sostenere Marchionne e la famiglia Agnelli per investimenti in America o in Russia?
I russi nuovi ricchi stanno comprando il nostro paese come i cinesi stanno acquistando tutti i piccoli esercizi commerciali nelle nostre città, lungi da me il pensiero razzista, ben vengano investimenti stranieri in Italia, ma anche questo deve essere oggetto di programmazione e di organizzazione delle nostre città, altrimenti corriamo il rischio di veder espatriare i vecchi proprietari con i pochi fondi ricavati dalle cessioni degli esercizi stessi.
Un dibattito su queste questioni credo indispensabile ad evitare di contribuire alla pubblicità di Berlusconi e di Monti, errori del passato ma sempre a rischio presente.
Un’agenda per il Sud
di Francesco Grillo (pubblicato su Il Mattino)
È verissimo che il Mezzogiorno è quasi scomparso dal confronto sugli “impegni per il governo del Paese”, come ha lamentato nel suo ultimo discorso di fine anno, il Presidente della Repubblica. È, tuttavia, altrettanto vero che, come dice lo stesso Napolitano, vale per un’Agenda per il Sud – ancora di più che per un programma di sviluppo dell’intero Paese – un presupposto di ordine non solo economico ma morale: la rinuncia a quel “assistenzialismo”, a quella dipendenza dal sussidio e dalla spesa pubblica che è la ragione ultima del sotto sviluppo civile, prima ancora che economico di una parte così grande del Paese.
Del resto, nella stessa agenda Monti manca una riflessione specifica sulle caratteristiche che fanno delle Regioni meridionali quelle che maggiormente stanno soffrendo la crisi ma anche quelle che, paradossalmente, proprio per questa ragione, potrebbero maggiormente contribuire a portare l’Italia fuori dalla recessione. E manca ancora all’”Agenda”, una strategia che dia una soluzione al puzzle – concretissimo, urgente – che chiunque voglia provare a governare l’Italia, si troverà a dover affrontare.
Come faccio nei prossimi sette anni a spendere ventidue miliardi di euro (dei trentacinque che la Commissione Europea alloca all’Italia) in progetti di innovazione tecnologica, risparmio energetico e ricerca in Campania, Sicilia, Puglia e Calabria? Se ogni anno queste quattro Regioni – le ultime quattro per tasso di occupazione tra le duecentocinquanta regioni dei ventisette Stati dell’Unione Europea – perdono, come avverte ISTAT – centomila persone quasi tutte giovani, laureate o laureande? Come posso spendere così tanti soldi – praticamente quasi tutti quelli che Bersani e Monti invocano per innescare un processo di crescita Keynesiano, se ho il vincolo di doverli usare in territori che risultano desertificati da un’erosione del talento e dell’entusiasmo che sono il presupposto di qualsiasi scommessa imprenditoriale? L’aritmetica suggerisce che la risposta al paradosso può essere solo di due tipi: o provo a spostare le risorse per investimenti strutturali che spetterebbero al Mezzogiorno al Nord, dove ci sono imprese e lavoratori qualificati; oppure sposto invece al Sud capitale umano che possa assorbire gli investimenti. La prima strada è apparsa, spesso, l’unica, estrema possibilità da perseguire attraverso complessi negoziati con la Commissione per non perdere i finanziamenti; la seconda richiede, appunto, un’innovazione fortissima nelle scelte di governo e di politica economica di cui nei programmi elettorali non c’è traccia.
Invertire l’esodo di giovani che fa del Sud una sorta di clessidra anagrafica – con molti vecchi, tanti bambini e sempre meno persone in età di lavoro – comporta infatti scelte drastiche. Indubbiamente, può essere interessante la proposta – già avanzata da deputati appartenenti a diversi gruppi – di utilizzare l’arma dell’incentivo fiscale: una riduzione del livello di imposizione nazionale o locale per chi – lavoratori o imprese – decida di trasferirsi al Sud. Tuttavia, ancora più importante è che le Regioni del Sud facciano nei prossimi mesi scelte in termini di un numero limitato di settori produttivi, territori, ambiti accademici nei quali sia possibile sviluppare propri vantaggi competitivi difendibili a livello internazionale: aree specifiche nelle quali offrire opportunità mirate di inserimento e di valorizzazione del proprio patrimonio di conoscenza per giovani da attrarre da altre Regioni, ma anche per imprese, università del Nord (e di altri Paesi) che possano trovare nel Sud la convenienza ad investire e radicare tecnologie in territori meno congestionati.
Tali scelte dovranno essere estremamente focalizzate per avere qualche possibilità di essere prese in considerazione da chi ha il mondo come suo punto di riferimento. Ma potranno andare oltre i settori industriali che spesso associamo all’idea stessa di investimento tecnologico. Il turismo, ma anche il presidio del territorio per aumentarne la sicurezza, la sanità e la mobilità nelle città sono tutti ambiti nelle quali il Mezzogiorno potrebbe sperimentare innovazioni più avanzate in grado di cogliere opportunità di maggiori dimensioni e di affrontare problemi particolarmente gravi.
Il ruolo del Governo dovrà essere quello di assicurare due condizioni. Innanzitutto, regole stringenti – a partire dalla competizione tra amministrazioni di diverso livello per la titolarità delle risorse, nonché da un forte favore per chi riesca a coinvolgere i privati nel finanziamento e nella selezione dei progetti – che diano un forte peso ai risultati, assumendosi, se possibile un ruolo da protagonista nella definizione dei nuovi regolamenti comunitari; in secondo luogo le condizioni di contesto – a cominciare da quelle relative alla legalità e al funzionamento dei mercati – che sono indispensabili per la sostenibilità di un qualsiasi investimento in innovazione.
In questo senso, il Sud potrebbe, anzi, funzionare da piattaforma per sperimentare le riforme da molti invocate, prima che esse siano estese al resto del Paese. Sul fronte della legalità, nel Mezzogiorno andrebbero, ad esempio, anticipate modifiche nei meccanismi di confisca e valorizzazione dei beni sequestrati alla Mafia; ma anche forme di responsabilizzazione dei tribunali rispetto al servizio erogato ai cittadini e ai tempi dei processi, e innovazioni dell’organizzazione e della distribuzione sul territorio delle stesse forze dell’ordine e dell’esercito.
E lo stesso vale per modifiche – minori adempimenti burocratici per la valorizzazione di beni culturali, ad esempio; modifiche nelle regole del mercato del lavoro; semplificazioni nei meccanismi di determinazione delle imposte e di contrasto all’evasione fiscale – che possano dare agli innovatori la possibilità di concentrarsi sul proprio progetto nei territori nei quali le Regioni del Sud decidessero di concentrare gli investimenti.
Se è vero che è da Napoli, da Palermo, da Bari, dalla Calabria sono partite le scosse telluriche che hanno messo progressivamente in ginocchio l’intero sistema Italia, è altrettanto vero che è dal Sud che deve cominciare una strategia che riesca a smentire chi continua a pensare che rigore, crescita ed eguaglianza sono termini di un’equazione che costringe chi governa a fare scelte dolorose e, inevitabilmente, impopolari.
Del resto è in un Mezzogiorno – nel quale si è liquefatto (come hanno dimostrato le elezioni in Sicilia) il “voto di scambio” per esaurimento di risorse con le quali scambiare, appunto , consenso – che si gioca buona parte dell’esito della prossima campagna elettorale.
2006->2013: giovani e donne nel Partito Democratico
di Massimo Preziuso (su L’Unità)
Nel 2006, con alcuni amici romani fondammo un gruppo che si chiamava Giovani e donne per il Partito Democratico .
Ci battemmo, a cominciare dalle reti civiche uliviste romane, poi in tutta Italia, per il coinvolgimento di tanti giovani e donne in quello che sarebbe poi divenuto il più grande partito politico italiano.
Questo perché già da allora sapevamo che, senza giovani e senza donne, il PD non avrebbe mai potuto diventare quello che oggi sta per risultare: uno straordinario luogo di innovazione politica.
A giugno 2006, entrati da protagonisti nelle Associazioni per il Partito Democratico (APD), portammo il tema della partecipazione femminile e del coinvolgimento di giovani al primo incontro fondativo ufficiale del Partito Democratico, che si tenne all’hotel Radisson di Roma.
Ad ottobre 2006, avviato il coordinamento nazionale dei gruppi “giovani e donne” delle APD, che divenne poi la base per la nascita della associazione Innovatori Europei, scrivemmo un documento dal titolo “perché giovani, perché donne“, in cui spiegavamo il perché di quella scelta di voler rappresentare quelle che allora erano forti “minoranze”.
Da allora tante iniziative sono partite e finalmente, tra qualche mese, grazie a queste primarie, tanti giovani e donne entreranno nel Partito Democratico.
Sembrava un’utopia, rischia di diventare realtà.
Complimenti a tutti noi per questa volontà di rinnovamento.
Buon 2013.
Giovani e donne per il Partito Democratico: le quote Rosa e le quote Arancio nel 2006
A proposito del “voto di genere”: nel 2006, alcuni di noi fondarono un gruppo, poi entrato nelle APD ed infine divenuto Innovatori Europei, che si chiamava Giovani e Donne per il Partito Democratico .
A giugno 2006 portammo il tema della partecipazione femminile e della necessità di quote Rosa – ma anche del coinvolgimento necessario di Giovani – al primo incontro fondativo del PD, che si tenne all’allora hotel Radisson di Roma.
Se oggi il Partito Democratico è arrivato al minimo “33% di candidate donne” è anche un pochino grazie a noi.
Oggi e domani si giunge ad un importante risultato. Finalmente.
Le bugie: via maestra della politica
Quello della menzogna, quindi dell’ingiustizia, come parte integrante della politica è un problema antico avendo a che fare con la potenza meglio con l’oggetto intrinseco della politica. Nessuna forma di governo é estranea a questo problema. Le decisioni, in uno Stato democratico, devono essere vagliate e votate dal popolo. La decisione tuttavia è un momento, l’ultimo, e non il solo. “ Per giungervi l’attore -individuale o collettivo – deve disporre di conoscenze e quindi poter contare sulla certezza delle sue fonti. Diversamente la sua decisione sarà manipolata e la sua libertà condizionata”.
Chi mente secondo Kant pensa di potere gestire il futuro degli altri. Con la menzogna si pone l’Io in una condizione di onnipotenza perché mentendo per il bene dell’altro si ritiene di poter dominare gli eventi quindi di avere un potere assoluto su quelli possibili che determineranno l’esistenza altrui. Questo potere assoluto – che nessun uomo può e deve avere – è la ragione fondamentale per cui, secondo Kant, la bugia in politica (meglio la “ragion di stato”) è da respingere.
La menzogna non può essere condizione di dialogo perché non può essere condizione di giustizia né di convivenza. Questa dimensione nella politica è la non-moralità.
Con il pareggio di bilancio introdotto in costituzione, è stata respinta ogni opportunità che lo Stata spenda per il benessere dei cittadini e delle imprese, in quanto non in grado di immettere liquidità nel sistema finanziando ricerca, innovazione, competitività e stato sociale.
Viene naturale chiedere ai partiti e alle grandi coalizioni nascenti come alla politica internazionale quali verità ci raccontano o quali bugie ci nascondono dentro patti-compromessi-accordi super partes. Il popolo italiano ha enormi risorse critiche e saprà, comunque, trarne le più giuste conclusioni tenendo a cuore solo il bene futuro dell’intera Nazione.
Giuseppina Bonaviri
Ecco perchè la patrimoniale è cosa giusta ed eticamente corretta
Non è necessario far ricorso a teorie economiche keynesiane o a patti faustiani per capire ciò che dette teorie e patti non riescono a far capire ai comuni mortali, anche perché queste ultime, anziché farci capire, portano fuori strada: mi riferisco specificatamente alla precaria situazione economico-finanziaria che l’Italia sta vivendo.
Partiamo subito dalla considerazione che, in quest’ultimo decennio, in Italia c’è stato uno sbilanciamento enorme della ricchezza a danno dei percettori di reddito fisso a tutto vantaggio di pochi che hanno approfittato delle prime contrattazioni con la nuova moneta, e cioè l’euro, praticando una parità doppia rispetto alle vecchie gloriose mille lire: 1 euro uguale 1000 lire, invece di 2000, cosa ormai nota, trita e ritrita di cui sono a conoscenza anche i sassi.
In questo breve volgere di tempo dalla venuta dell’Euro i commercianti, le industrie e quant’altro (senza voler fare di ogni erba un fascio, dato che i commercianti virtuosi hanno avuto solo la colpa di doversi adeguare per non fallire) hanno intascato il doppio rispetto a quanto valeva prima la lira, mentre i titolari di reddito fisso, sono stati costretti a comperare la metà dei prodotti a causa del dimezzamento illegittimo del potere di acquisto determinato da chi, in posizione di dominanza, ha potuto approfittarne, arricchendo indebitamente i loro portafogli.
Detto questo, non è necessario essere dei soloni della finanza, per capire che c’è stato uno spostamento della ricchezza a favore di pochi ed a danno di molti, circostanza che, in assenza, anzi in presenza di una politica oscena fatta da politici altrettanto osceni (ferme restando le eccezioni), ha determinato questo ingiusto sbilanciamento che sta sfociando, Monti o non Monti, Bersani o non Bersani) in una forte conflittualità civile che, a mio avviso, non tenderà a rallentare nemmeno durante l’inizio di azioni volte a concretizzare un avvio verso il risanamento, come si prefiggono i potenziali vincitori delle prossime elezioni politiche.
Detto questo, le colpe risultano evidenti. E, di conseguenza, chi è colpevole deve pagare. Anche perché oltre ad esserci dei colpevoli, ci sono anche dei disonesti profittatori che hanno portato all’estero, nei paradisi fiscali, le ricchezze accumulate indebitamente. A danno delle fasce deboli.
Se non mi sono spiegato, ciò sta a significare che dobbiamo andare tutti a SQUOLA, con la q. Compresi certi economisti che abbiamo.
Nel nome della patrimoniale
di Fabio Agostini
Gli Innovatori Europei si fidano di Bersani
(Per adesioni: infoinnovatorieuropei@gmail.com)
Le regole delle primarie per i parlamentari sono quanto realisticamente si poteva fare, nella situazione data, per mitigare gli effetti disastrosi del “porcellum” sul sistema democratico.
Restano da superare ostacoli alla piena partecipazione di “militanti associativi” alla vita democratica del PD, ma confidiamo che il processo di innovazione culturale avviato con Bersani, possa rivitalizzare le organizzazioni del Partito, in tutti i livelli e le aree culturali che in esso si riconoscono. Le prossime elezioni sono solo una tappa di tale processo.
La fiducia radica nella scelta fatta dal PD per la nomina dei Consiglieri di Amministrazione alla RAI, di valore emblematico: più competenza e meno appartenenza, meno “politica” e più capacità e qualità per amministrare. E’ un fatto che incoraggia le ragioni della fiducia.
Siamo persuasi che questi stessi criteri informeranno le scelte di Bersani per il “listino” e, pertanto, esprimiamo sin d’ora pieno rispetto per le decisioni che saranno assunte.
Innovatori Europei ha già testimoniato il pieno e leale appoggio a questa prospettiva di cambiamento. Nel corso delle ultime primarie per scegliere il candidato premier del centrosinistra, I.E., intorno alle idee di Bersani, ha portato la passione e il contributo del capitale umano che milita dal 2006 nella propria Associazione, costituendo 8 comitati territoriali in Italia e all’estero.
Negli ultimi anni, I.E. ha costantemente coltivato la “domanda” di innovazione politica che generò intorno alla prospettiva di costruire un “partito nuovo”.
Evoluzione dell’Associazione per il Partito Democratico, ne ha raccolto le idealità fondative quando l’ApD -per previsione statutaria- fu sciolta all’atto della formale costituzione del PD.
Gli sviluppi successivi non sono stati quelli auspicati nei documenti fondativi del PD.
Numerosi “militanti associativi”, attratti dalla suggestiva idea di unire i riformatori, non hanno trovato accoglienza nel confuso e conflittuale processo costitutivo del PD.
Molti hanno proseguito la propria “militanza associativa”, in I.E. e in altre forme.
Oggi l’Associazione è presente in 10 regioni di Italia e in varie realtà europee ed internazionali, con nuove “gambe e cervelli” tra gli italiani all’estero, nel mondo dell’arte, della cultura e delle professioni, in vaste aree dell’ambientalismo, in organizzazioni europeiste, nel mondo delle emittenti locali e nella vivida giovanile cattolica.
E’ di questo capitale umano che, orgogliosamente, Innovatori Europei si fa interprete e portavoce.
Con questo spirito I.E. apporterà il proprio contributo per il pieno successo, delle primarie e del Centrosinistra alle elezioni.
Si confida che Bersani e la Direzione del PD sappiano coerentemente riconoscere il valore della “militanza associativa diffusa”. Si tratta di energie in grado di dare qualificati apporti all’innovazione politica e istituzionale che si dovrà attuare nei prossimi mesi nell’intero paese.
Roma, 20 dicembre 2012
I primi firmatari
Massimo Preziuso, ingegnere, Presidente IE
Francesco Augurusa, ingegnere, IE Calabria
Giovanna Barba, avvocato, IE Calabria
Tonio Barba, avvocato, IE Calabria
Giuseppina Bonaviri, psichiatra, IE Lazio
Cesare Bramante, consulente, IE Lazio
Filippo Bruno Franco, manager, IE Piemonte
Aristide Calcagno, ingegnere, IE Sicilia
Osvaldo Cammarota, operatore di sviluppo territoriale, IE Campania
Stefano Casati, economista, IE Lombardia
Mario Coviello, libero professionista, IE Basilicata
Paolo Di Battista, manager, IE Lazio
Mario Di Gioia, sindacalista, IE Liguria
Antonio Donato, consulente Lega Autonomie Campania, IE Campania
Bruno Esposito, ricercatore universitario, IE Campania
Deo Fogliazza, consulente marketing, IE Lombardia
Laura Leonardis, Esperto di Politiche Comunitarie e Sviluppo Locale. IE Sicilia
Claudio Luongo, consulente aziendale, IE Campania
Gabriele Moccia, assistente parlamento europeo, IE Brussels
Francesco Mortelliti, avvocato, IE Calabria
Nicola Pace, ricercatore universitario, IE Basilicata
Asif Parvez, manager, IE India
Daniele Preziuso, ingegnere, IE Basilicata
Giuseppe Preziuso, insegnante, IE Piemonte
Daniele Rachieli, consulente, IE Calabria
Luigi Restaino, ingegnere, IE Lazio
Andrea Sabatino, ingegnere, IE Campania
Paolo Salerno, ricercatore universitario, IE Basilicata
Rainero Schembri, direttore Euronews, IE Brics
Francesco Silvalaggio, presidente Cts VV, IE Calabria
Giuseppe Spanto, ingegnere, IE Progetti
Teresa Luisa Scherillo, giornalista, IE Campania
Sergio Vellante, docente universitario, IE Campania
Salvatore Viglia, avvocato, Direttore rivista IE
Lucy Antonini , farmacista, Roma
Bianca Clemente, Napoli
Sito web: www.innovatorieuropei.com
Si riparta dalla cultura
di Giuseppina Bonaviri su L’Unità
Perché finalmente un vero soggetto politico sia in grado di esprimersi con forza nella sfera pubblica e di raccogliere i bisogni di un intero paese includendo una pluralità di attori si riparta da nuove soggettività.
I partiti politici attuali, in un modello di democrazia che non può più esaurirsi nella rappresentanza e nella delega, necessitano del supporto di nuove soggettività.
La buona politica avrebbe bisogno di concentrare intelligenza, passione, energia attorno a questioni di rilievo come la cultura e l’alta formazione restituendo speranza, fiducia nel futuro ed invece si trova prigioniera di autoreferenzialità e di schieramenti indifferenti. La buona politica non può soffrire di solitudine, deve essere fatta di competenza, spirito di servizio, buon senso, giustizia sociale, pragmaticità e dall’idea fondamentale che ciascuno è responsabile della comunità presente, in cui vive ed opera, e della comunità futura che lascerà in eredità.
Vogliamo tornare a crescere ed intendiamo costruire un punto di riferimento per tutti coloro che, preoccupati della spirali in cui l’Italia e l’Europa sembrano destinate ad avvitarsi, siano decisi responsabilmente a dare un contributo e a delineare una nuova visione e una nuova pratica politica disponibile alle innovazioni, che la possano rendere vera protagonista della storia attuale .
La politica è spazio privilegiato per la costruzione del bene comune, ovvero del bene di tutti e di ciascuno, e quindi è solo allargando i confini entro i quali si concretano l’autonomia e le capacità creative della società civile che si ripristina lo Stato di diritto, oggi latente, nel segno della centralità e dell’autonomia della Persona.
Il capitale più importante è costituito dalle persone e dai loro carismi, dalle loro specificità.
Solo con un ripensamento profondo del rapporto fra Stato e cittadino che si fa processo si può prevedere un gran numero di luoghi e livelli di partecipazione rinnovata quale piattaforma culturale per progettare relazioni.
La cultura può essere considerata come l’insieme degli aspetti spirituali, materiali, intellettuali ed emozionali unici nel loro genere che contraddistinguono una società o un gruppo sociale. Essa non comprende solo l’arte e la letteratura, ma anche i modi di vita, i diritti fondamentali degli esseri umani, i sistemi di valori, le tradizioni e le credenze.
Si chiedono risposte coinvolgenti e visionarie che necessitano di un abitato partecipato, di uno spazio pubblico liberato e diffuso per la costruzione di un fronte di convergenza collettiva che veda al centro lavoratori della conoscenza, intellettuali, artisti, scienziati. Questi sono gli Innovatori Europei.
Non ci può essere evoluzione ed alternativa senza nuove soggettività collettive che ripartendo dai saperi promuovano incontri e momenti partecipativi significativi per riconquistare la nuova centralità del nostro paese.
Non è solo questione di soldi
Osvaldo Cammarota* per Repubblica Napoli – 18/12/12
Nella lucida e inoppugnabile disamina fatta da Pasquale Belfiore (Repubblica Napoli del 16/12) emergono ancor più i motivi per cui sarebbe auspicabile una forte innovazione nel pensiero e nell’azione delle classi dirigenti per reagire alla crisi.
Si potrebbe facilmente aggiungere che non una parola è stata detta sulle consistenti risorse residue comunitarie del periodo 2007-2013 ancora da riprogrammare. Ma non è questo il punto. Non è solo questione di soldi.
Sosteniamo da tempo che le risorse non mancano. Manca efficacia ed efficienza al sistema pubblico, c’è un sistema imprenditoriale e sociale che, il larga parte, è ancora convinto di poter superare la crisi negoziando risorse pubbliche. Temo che non vi sia piena e condivisa consapevolezza sulla crisi di sistema, epocale, che si sta attraversando.
E’ per questa ragione che siamo rammaricati per l’assenza degli Assessori del Comune di Napoli al confronto sulla opportunità di sperimentare concretamente la formula dell’Economia Sociale di Mercato per Bagnoli. A parte un gradito messaggio di Alberto Lucarelli, abbiamo appreso dalla stampa che il Comune di Napoli, nella sua massima espressione di rappresentanza, era impegnato a discutere con l’ACEN sulla crisi del settore edilizio. Ma cosa ha impedito ad altri di partecipare ad un confronto sugli scenari che potrebbero dare risposte innovative ai medesimi problemi?
Siamo fiduciosi che parte degli impegni solennemente assunti saranno mantenuti. Ma siamo purtroppo abituati ad annunci clamorosi che non sempre sono stati seguiti da percorsi procedibili. Staremo a vedere.
Tra questi, ci preoccupano in particolare le “sorprese per Bagnoli” preannunciate per Gennaio. Di cosa si tratterà mai? Andremo di nuovo sulle piazze finanziarie di Londra? Faremo patti vantaggiosi con Banche che, al momento, sembrano più impegnate a tenersi in piedi che ad esercitare la loro ragione sociale? Negozieremo con il Ministero dell’Ambiente la “riduzione della perimetrazione del sito di interesse nazionale di Bagnoli-Coroglio”? Se è questo, confermiamo tutte le nostre preoccupazioni, ma non intendiamo addensare lo scenario con ulteriori, inutili e inconcludenti polemiche. Ci riserviamo di dire la nostra quando conosceremo più dettagliatamente il “coniglio” che sarà estratto dal cappello.
Intanto siamo ben lieti di aver potuto discutere con i cittadini che aspirano a vivere abitare e produrre nel territorio che verrà, con Bagnolifutura, con dirigenti sindacali, rappresentanti imprenditoriali, dell’artigianato e del mondo finanziario, sulla credibilità e affidabilità delle proposte progettuali messe in campo per Bagnoli. Ci siamo convinti che il rilancio dell’economia, specie nella nostra città, richiede la partecipazione e la convergenza attiva di tutti questi settori sociali, non solo per Bagnoli.
Da tutti è stata notata la clamorosa assenza delle rappresentanze istituzionali di governo della città, ma continuiamo a confidare nelle dichiarate intenzioni di ascolto dell’Amministrazione comunale. Nei salotti buoni della città non si raccoglie tutta la comunità cittadina. Non ci sarebbe nemmeno lo spazio fisico. Sarebbe conveniente per la Politica e le Istituzioni dimostrare davvero di voler superare le vecchie consuetudini di accordi tra “poteri forti” (anche perchè non ne vediamo in giro) e misurarsi con la società e l’economia reale.
* Innovatori Europei Campania, Coordinatore della Banca Risorse Immateriali