Significativamente Oltre

rinnovabili

Il 17 aprile vota SI al Referendum

Innovatori Europei – membro del Comitato nazionale per il SI con Legambiente Onlus e tantissime associazioni e comitati – vota SI ‪#‎Referendum17aprile‬ . Perché occasione unica e irripetibile per dare un segnale forte, all’interno del Paese e a livello internazionale, sul fatto che l’Italia vuole finalmente tornare ad essere protagonista nel settore della Green Economy / Sostenibilità Ambientale, che è già oggi il baricentro del nuovo paradigma di sviluppo mondiale.

E perché crediamo il Referendum sia una occasione formidabile per le stesse compagnie petrolifere, a cominciare dalla nostra Eni, per accelerare su questo cammino, insieme ad un governo Matteo Renzi che faccia finalmente il “pioniere” dell’innovazione tecnologica e non solo il “later adopter”.

Un centro di ricerca euromediterraneo sulle tecnologie e risorse energetiche del futuro. In Basilicata

di Massimo Preziuso (su L’Unità)turbina

La Lucania è terra di risorse naturali preziose, che la dovrebbero rendere tra le più ricche di Italia.

Eppure, da sempre, e ancora oggi, le statistiche economiche dicono incredibilmente il contrario.

Secondo dati pubblicati dalla Banca di Italia, la regione Basilicata risulta sempre più arretrata nel contesto nazionale. PIL 2012 al -3% , disoccupazione attorno al 15% e accentuata caduta della produzione industriale, del 9,5% rispetto al 2011.

Senza una forte presenza di piccola e media impresa diffusa, capace di competere sui mercati internazionali (anche e soprattutto per carenza di infrastrutture), la Regione in questi anni è sopravvissuta al tornado della crisi soprattutto grazie alle imponenti attività estrattive di petrolio e gas. Le compagnie petrolifere infatti estraggono enorme ricchezza dal territorio in cambio delle cosiddette “royalties” compensative.

Con risorse davvero ingenti – solo 2011  erano pari a 120 milioni di euro (di cui 100 milioni destinati all’ente Regione) – al netto di alcune interessanti ed iniziative in ambiti “nuovi” per la Basilicata (come il cinema, la cultura), non si è riusciti finora a disegnare alcun vero cammino di sviluppo sistemico. A livello regionale le royalties sono infatti servite al finanziamento di voci di bilancio (università, sanità), al finanziamento di “buoni benzina” (!), mentre a livello locale al più all’avvio di piccoli progetti occupazionali.

E proprio nei giorni scorsi l’Unione Europea certifica la retrocessione della Regione Basilicata, che torna tra le regioni “Ex – Obiettivo 1”.

E allora, passati vari anni dall’inizio di questo ciclo estrattivo intensivo – che non durerà all’infinito e che impatterà pesantemente l’ambiente – in tanti  si chiedono se e come esso potrà ancora determinare un impatto positivo sullo sviluppo di lungo periodo della Regione.

E’ evidente infatti che la rendita assicurata da risorse naturali – postulata nella staple theory – non è un fenomeno naturale, soprattutto in una Regione povera e piccola come la Basilicata, carente di un sistema di imprese diffuso.

Ed è proprio quella – l’imprenditorialità diffusa – la condizione necessaria allo sviluppo territoriale legato allo sfruttamento di risorse naturali, come quelle petrolifere. L’impresa quale moltiplicatore di sviluppo.

Ma è anche evidente che – per essere competitive e quindi insediarsi – le imprese necessitano di un milieu adatto.

Ebbene, oggi ci sono proprio tutte le condizioni al contorno per crearlo questo contesto “imprenditivo”:

– La Strategia Energetica Nazionale pone su un piano di forte centralità la Basilicata nel futuro dello sviluppo energetico ed economico del Paese.

Si parla infatti della realizzazione di un hub energetico dell’euro mediterraneo e si indica nella Basilicata il baricentro di una piattaforma di servizi di alto livello nel settore della distribuzione, attraverso imponenti attività di stoccaggio e lo sviluppo di una rete “smart” su scala europea e mediterranea.

– Il memorandum Stato – Regione sul petrolio lucano approvato nel mese scorso continua ad andare in questo senso, anche se va assolutamente “rinforzato” nella qualità e nella quantità della progettualità ipotizzata, ed equilibrato nella sua visione “centralistica” di governance di risorse che sono “locali”.

– La prossima programmazione dei fondi europei 2014-2020 prevede la necessità di un approccio “strategico” e di “originale” allo sviluppo delle regioni in ritardo di sviluppo.

Dunque, se al futuro davvero si vuole arrivare, e non ci si vuole ritrovare invece con un territorio semplicemente depauperato di risorse naturali e di ricchezza ambientale, è bene cominciare a parlare di una strategia di sviluppo, che sia “sostenibile” sia da un punto ambientale che da un punto di vista economico, che sia “strategico”, e che sia “originale”.

E’ per questo necessario partire dalla messa a rete del sistema dei saperi universitari e dell’industria energetica attorno allo sviluppo di un distretto delle tecnologie e risorse energetiche del futuro. Un progetto che veda protagonisti per primi i colossi petroliferi “lucani”– ENI, TOTAL e SHELL – e la Regione Basilicata, insieme nel promuovere un nuovo utilizzo delle royalties petrolifere nel rapido disegno e successiva implementazione di una strategia che guardi al futuro.

Un progetto, questo, di chiara valenza internazionale, in quanto centrale per lo sviluppo delle politiche energetiche dell’area euro – mediterranea, che quindi deve vedere coinvolta la Commissione Europea e i fondi strutturali 2014-20, oltre alle risorse derivanti dall’estrazione petrolifera.

Di un polo energetico internazionale si parla da tempo nel documento Strategia Regionale per la Ricerca, l’Innovazione e la Società dell’Informazione della Regione Basilicata. 

E la realizzazione di un distretto dell’energia è presente tra i progetti presenti nel “Memorandum petrolifero” tra Stato e Regione da poco pubblicato in Gazzetta ufficiale.

La Basilicata può oggi ambire a diventare il principale hub di ricerca e sviluppo di base e applicata (all’impresa) nei settori della manifattura legata all’energia del futuro (rinnovabile e fossile).

E così porsi come attrattore di nuove imprese, investimenti e professionalità internazionali.

Questa è la Lucania che si deve osare ad immaginare da adesso. Ed oggi ci sono proprio tutte le condizioni politiche al contorno per farlo.

Primarie: associazione ‘Innovatori europei’ sostiene candidatura Bersani

(ASCA) – Roma, 3 ott  L’associazione Innovatori europei sostiene la candidatura di Pier Luigi Bersani alle primarie del centrosinistra.

 

”Crediamo – ha dichiarato Massimo Preziuso, presidente di Innovatori Europei dopo l’incontro con Roberto Speranza, coordinatore del comitato Bersani – che Bersani sia il candidato che esprima la giusta sintesi tra credibilita’ e rinnovamento, e l’unico politico che possa portare avanti, da subito e con serieta’, le istanze per le quali il nostro movimento si batte da anni”.
”Speriamo di avviare presto una collaborazione concreta col segretario – prosegue Preziuso – perche’ riteniamo che queste siano tematiche fondamentali in un’agenda di governo.

Innovatori europei nasce nel 2006 dando il proprio contributo dalla societa’ civile, dalla quale conserva le basi, alla nascita del partito democratico. L’associazione si occupa di temi legati ai diversi campi dell’innovazione: dalle energie rinnovabili allo sviluppo sostenibile, all’implementazione di un welfare nei territori, alle problematiche legate alle frequenze radiotelevisive, alla riforma delle istituzioni europee.

R-Innovamenti energetici

di Massimo Preziuso (su L’Unità)

Se c’è oggi un settore che meglio di altri rappresenta il baricentro del R-innovamento del nostro Paese, quello è il settore energetico.

In questi giorni si torna a parlare di politica energetica, ed è un fatto di per sè positivo. Problema è che, ancora una volta e inaspettatamente, dopo l’affossamento tramite referendum delle velleità nucleariste del Governo Berlusconi, oggi il Governo Monti prova a imporre un modello di sviluppo basato sulle rimanenti industrie monopolistiche (il Ministro Passera – e lo stesso Premier che pochi giorni fa nei suoi incontri Kazaki – vuole accelerare sulle estrazioni petrolifere!) e mature, addirittura andando a togliere ulteriori risorse al settore delle rinnovabili.

Una situazione incredibile, soprattutto per i molti “Green thinkers” che su questo Governo avevano fortemente puntato, e tra questi Innovatori Europei e SOS Rinnovabili, con il lancio del Manifesto “Ricostruiamo l’Italia con le Rinnovabili”.

In questi giorni, oltre al Corriere della Sera, anche giornali solitamente più moderati come La Repubblica indicano il fotovoltaico e le rinnovabili quali colpevoli dell’aumento delle bollette energetiche del Paese, provando, e in molti casi riuscendo, a convincere le famiglie che il settore è semplicemente luogo di fortissime speculazioni (che ci sono, ma rappresentano oggi una piccola parte del tutto), fatte con i soldi di tutti gli italiani. Speculazione vi è stata, e credo volutamente permessa, nei primi Conti Energia.

Ma oggi che il settore è vicinissimo alla “grid parity” solare (a cui seguiranno le altre tecnologie), un ulteriore intervento a gamba tesa ha chiaramente un’altra volontà: quella di rallentare il più possibile lo sviluppo di una industria energetica distribuita, quindi democratica. Sta nei fatti che oggi esistono centinaia di migliaia di piccoli impianti solari, installati in piccole abitazioni o aziende, che permettono abbattimenti di costi energetici e indipendenza di approvigionamento (al netto degli importanti abbattimenti di emissioni nocive). Lo stesso sta avvenendo con la rivoluzione mini-eolica, appena cominciata. E così pure nel settore delle biomasse, che evolve verso la mini impiantistica. Come in tutti i settori ad alta intensità tecnologica, quello delle rinnovabili ha richiesto un investimento iniziale importante di risorse pubbliche e private, che lo accompagnasse verso l’indipendenza e la maturità. Ci siamo quasi. Ed ecco perchà la minacciata politica energetica di questo Governo ha del paradossale, forse ancora di più di quella del precedente Governo.

Oggi, il ministro Clini – che finora è stato relegato allo stesso ruolo inconsistente che fu della Prestigiacomo – la sintetizza così: “Attenzione a non fare un altro grosso autogoal con le rinnovabili, bloccandole come facemmo negli anni’80 all’inizio del boom della telefonia”. Ebbene sì, il rischio che si corre è proprio quello. Uscire, ancora una volta, da una rivoluzione tecnologica (quella telefonica portò poi all’Internet che oggi conosciamo) in cui potremmo essere protagonisti mondiali.

Intanto, finalmente il mondo delle rinnovabili si è svegliato e reagisce in maniera più compatta. Domani 2 Aprile dalle 16,45 a Roma – presso la Sala Bologna del Senato – ci saranno gli Stati generali delle rinnovabili e dell’efficienza energetica, in cui 20 associazioni di categoria chiederanno un incontro ai Ministri competenti per discutere su quello che è un vero e proprio attacco a uno dei pochi settori tecnologici trainanti innovazione e nuova occupazione, in questo ormai quadriennio di crisi, che questo Governo vuole ammazzare proprio mentre diventa un’industria strutturata.

Preoccupati per le ricadute economiche, sociali, ambientali, e anche del rischio di inadempienza del nostro paese nei confronti dell’Unione Europea, le Associazioni chiedono con urgenza al Governo, ai Ministri interessati e ai Gruppi parlamentari di aprire già a partire dalla prossima settimana un confronto trasparente, che consenta di progettare il futuro di un settore decisivo per lo sviluppo del paese” si legge nel comunicato stampa diffuso dagli organizzatori.

Si riuscirà questa volta a evitare l’autogoal?

Un governo all’Ombra

 
di Gaetano Buglisi – sosrinnovabili.it
 

Una conferenza stampa lunga, dove i silenzi sembrano aver pesato più delle stentate parole.

Il presidente del consiglio Monti ieri , con la sua chilometrica conferenza stampa, non ha rafforzato la prospettiva di un rilancio competitivo dell’economia italiana. Troppe le reticenze e le omissioni.

Davvero sconcertante, in un economista concreto del suo profilo, che piacerebbe come genero ad ogni massaia tedesca, come lui stesso si è voluto definire, l’ammissione che fino ad ora non ha ancora valutato la possibilità di trattare con la Svizzera le forme dei rientri dei capitali fuoriusciti. Come invece Germania e Inghilterra hanno già fatto, ricavando introiti fiscali per alcune decine di miliardi di Euro.

Dal cilindro del governo, come segnale di una manovra espansiva, sono uscite solo la riforma delle pensioni, che per almeno 5 anni poco cambierà negli assetti finanziari del paese,e una revisione del catasto che alzerà comunque la pressione fiscale indiscriminata.

Comunque erano due passaggi che andavano affrontati. Ma il resto? E sopratutto dov’è un’idea forte, accelerata , concreta e praticabile per triplicare in tre anni l’incremento del PIL?

Non a caso il silenzio sulla crescita è pari alla rimozione del tema ambientale, e specificatamente della questione energetica.

Nemmeno la benzina a 1,750 ha smosso le acque. Indifferenza anche per le minacce libiche di rivedere gli accordi di fornitura di gas e petrolio, o per i rischi sul prezzo dei derivati petroliferi che potrebbero esplodere con una probabile crisi militare Americo-Iraniana.

Insomma nemmeno l’emergenza smuove la montagna di indecisione del governo.

L’energia è oggi l’unica reale leva che può rimettere in moto il paese. Si tratta esattamente dell’equivalente delle autostrade alla fine degli anni ’50: un’infrastruttura che guida e da forma al sistema di sviluppo del paese, con moltiplicatori sull’indotto, culture e comportamenti sociali diffusi, modelli di fruizione pervasivi.

Su questo tasto stupisce anche il silenzio dei residui di critica e controlli parlamentari. Nemmeno le forze che esibiscono un’opposizione truculenta, e in larga parte ingiustificata visto la loro recente esperienza governativa, sfiorano il tema. E del resto come potrebbero i partiti che hanno appoggiato il decreto Romani alzare il sopracciglio di fronte all’inerzia del governo sulle misure energetiche.

Uno sprazzo di speranza ci era venuta all’indomani della chiusura della conferenza internazionale di Durban sul clima, dove il ministro Clini aveva con forza difeso la leadership italiana per un impegno concreto alla modifica di pratiche e di consumi che stanno uccidendo il pianeta. Lo stesso Ministro dell’Ambiente, qualche ora dopo la chiusura di Durban era volato a Firenze, dove si teneva il meeting internazionale delle città del mondo, per lanciare una sfida di alto profilo: se gli stati sono sordi, le città non potranno ignorare le condizioni di vita concrete e con esse noi vogliamo rilanciare la sfida per un ambiente salubre e competitivo.

E’ questo il cuore di un progetto che andrebbe fatto vivere dal governo: un grande piano che facendo leva sulle città italiane,avvii progetti di riconversione tecnologica dei sistemi energetici, sulla base delle nuove forme sociali ormai diffuse dalla rete: autoproduzione e scambio di energia rinnovabile sui tetti dei condomini.

E’ una rivoluzione che abbiamo già visto nel campo della comunicazione, con il passaggio dal calcolatore al personal computer e poi ai socialnetwork cooperativi.

A spingere questo processo è la stessa legge di Moore, che ha reso l’informatica distribuita un fenomeno che periodicamente moltiplica la potenza e riduce i costi. Già oggi, tutti i più accreditati, ed indipendenti, centri di ricerca ci spiegano che il costo del kilowattore fotovoltaico è già competitivo con le fonti fossili e fra tre anni sarà straordinariamente conveniente, versatile e gestibile.

Cosa pensa il governo Monti? È possibile legare gli investimenti previsti dal Cipe e pianificati dal nuovo ministero della coesione nazionale ad un piano di connettività energetica, che parallelamente alla banda larga immetta in una rete virtuale di micro produttori di energia gradualmente le periferie di 50 città italiane e successivamente di altre 500?

Non potrebbe essere questo uno di quei progetti che ci vengono sollecitati da grandi investitori, come ad esempio il costituendo fondo cinese per gli interventi industriali in Europa?

Sosrinnovabili, insieme agli Innovatori Europei, ha lanciato un cantiere rinnovabile, un manifesto per l’economia fotovoltaica, con alcune proposte concrete. Fra queste anche l’istituzione di un fonso immobiliare che valorizzi il risanamento ambientale dei territori metropolitani, investendo sull’incremento del valore degli immobili e delle attività di servizio che deriverebbe. Dall’abbattimento dell’uso di combustibili fossili.

La cassa Depositi e Prestiti non potrebbe essere il volano di una grande alleanza fra comuni, fondazioni bancarie, centri di ricerca universitarie per avviare, esattamente sullo schema che la Cassa sta seguendo per la banda larga, piani di intervento territoriali, che sostituiscano spese per combustibili fossili e risanamento am,bientale con investimenti per il fotovoltaico?

Proprio Jeremy Rifkin, il grande esperto dell’economia rete, consulente dell’Unione Europea, qualche settimana fa in un ‘intervista al Corriere della sera parlò dell’Italia come dell’Arabia Saudita del sole. Gli stessi cinesi non si capacitano come un paese come il nostro ancora esita ad impegnarsi profondamente nell’unica materia prima abbondante, disponibile e moderna, che ha sopra la sua testa. Quanto possiamo aspettare ancora all’ombra di un’inerzia che potrebbe rivelarsi fatale, oltre che non spontanea?

Manifesto: Ricostruiamo l’Italia con le Rinnovabili

Lo spread ci opprime. Ma il sole può salvarci

La crisi – ma anche la possibilità di afferrare la coda di una sorprendente fase tecnologica, economica, sociale e dunque tutta politica – è la molla che ci riporta in campo. Siamo una comunità di imprenditori, tecnici, scienziati, studiosi, professionisti e soprattutto di cittadini, che abitano il presente e vogliono esserne parte.

Vogliamo quindi credere che il nuovo governo ritenga utile confrontarsi anche con noi per rafforzare l’impegno a tirare fuori dalla crisi il nostro paese,  a partire da una valorizzazione esplicita delle energie rinnovabili. In questo ambito il Made in Italy può riversarsi nel Made in Europe per ritrovare un primato dentro le difficili sfide della globalizzazione. 

I tre grandi mercati energetici – Nord America, Europa e Asia Pacifico (India, Cina, Oceania) – consumano oggi il 78% del petrolio e dispongono solo del 10% delle riserve. Così per il gas, consumano il 61% e hanno l’85% delle riserve. Per  il carbone le percentuali sono l’88% ed il 35%.  In tutto ciò, mentre le emissioni di CO2 crescono del 1,2% annuo,  nei paesi in via di sviluppo la crescita è del 2,8%. Se la Cina e l’india avessero le emissioni pro capite del Giappone la concentrazione di CO2 nell’atmosfera aumenterebbe del 40%.

Bisogna cambiare,  ma nessuno sembra volerlo realmente.  Anzi, abbiamo assistito a scelte cervellotiche e autolesionistiche: si  è voluto, più che tagliare , rendere precaria e ingestibile l’intera politica degli incentivi  alle fonti energetiche rinnovabili, mettendo l’Italia in contrasto con gli indirizzi europei ed esponendo il paese a nuovi contenziosi e a prevedibili sanzioni.

Entro il 2020, in base al PAN (Piano di Azione Nazionale),  presentato dal Ministero dello sviluppo economico  nella primavera scorsa, dovremo produrre da fonti rinnovabili più di 105 miliardi di kWh/anno in energia elettrica, ma occorre tenere presente che nel 2005 ne abbiamo prodotti per soli 56 miliardi. Si prevede di triplicare la produzione di energia termica (caldo/freddo) e moltiplicare di sette volte la produzione di biocarburanti. Si prevede di contenere i nostri consumi di energia primaria ai livelli attuali, pari a 131 milioni di TEP (tonnellate equivalenti di petrolio).

Per arrivare a questi obiettivi, il settore richiede di rimuovere gli attuali ostacoli di tipo burocratico/autorizzativo e relativi allo sviluppo della rete elettrica, che impediscono la certezza e la stabilità delle prospettive di investimento nel settore.

Non vogliamo andare all’assalto di ipotetiche diligenze pubbliche. Chiediamo l’inverso: rigore e coerenza. Chiediamo al nuovo governo un Piano di Azione Nazionale coordinato ed efficace sia sotto l’aspetto normativo e fiscale, sia riguardo le azioni delle amministrazioni locali e delle Regioni nonché dell’Europa.

Dare  la giusta importanza alla filiera delle energie rinnovabili significa inoltre agire in contemporanea su molti settori produttivi (edilizia, impiantistica, componenti meccanici ed elettronici, materiali, tecnologie dell’informazione e della comunicazione) e su molte tipologie di operatori (PMI e grandi imprese industriali, professionisti e tecnici, servizi finanziari, ricerca e sviluppo, cooperazione internazionale). Un programma di sviluppo deciso in questa direzione, ben coordinato e correttamente incentivato, porterebbe ad un coinvolgimento veramente pervasivo di tutti i fattori produttivi sul territorio.

Infine, vogliamo abbassare i costi finali di produzione ed incrementare l’efficienza. Vogliamo ripristinare il buon senso.  Ad esempio: se è vero che oggi la Germania produce dieci volte l’energia fotovoltaica che produciamo noi “Paese del Sole”  va detto che, in presenza di una competizione tra Sistemi Paese “normali”, essa non sarebbe in grado di reggere la competizione con paesi mediterranei come Portogallo, Spagna, Italia, Grecia. E invece oggi, non solo la regge, ma incredibilmente la domina.

La Germania ci mostra come si può pianificare la riconquista di un primato dopo aver, non senza travagli, maturato la drastica decisione di uscita dal nucleare, proprio grazie ad una azione mirata e concertata.

Alla luce degli enormi cambiamenti di scenario avvenuti in questo 2011, quale nuova funzione deve avere dunque la politica pubblica per abbracciare una auspicabile e vicina “terza rivoluzione industriale” centrata sulle rinnovabili? 

Noi suggeriamo alcune semplici, ma innovative ed equilibrate, proposte:

1) Superamento del Decreto Romani – con i suoi tagli lineari agli incentivi – e definizione di un nuovo  modello che porti il sostegno al fotovoltaico alle medie europee. 

2) Nuovo regime per i terreni agricoli,  che diversifichi il regime normativo tra  i terreni incolti e quelli sottratti a colture.

3) Nuovo regime agevolato per le serre agricole, che vanno considerate coperture.

4) Piano regolatore dell’energia nei grandi e medi comuni,  con l’istituzione di un assessorato all’energia che promuova e faciliti l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

5) Costituzione di un fondo per la valorizzazione del patrimonio immobiliare e culturale pubblico attraverso investimenti in efficienza energetica.

6) Istituzione di una conferenza nazionale dei servizi energetici dove far sedere i grandi monopolisti accanto a tutti gli attori del settore.

7) Certezza dei tempi sulle pratiche tecnico-amministrative riguardanti i sistemi fotovoltaici al fine di impedire ostruzionismi dei monopolisti, che assicuri in 30 giorni l’istruzione della pratica e in 60 giorni il tempo di rilascio delle autorizzazioni e degli allacci.

8 ) Destinazione di una percentuale dei fatturati di esercizio degli impianti di produzione di energia da fonte fossile a finanziare un fondo per la ricerca e sviluppo in tecnologie energetiche.

9)  Estendere ed incentivare la trasformazione a metano delle autovetture a trazione diesel e rendere obbligatoria la circolazione nelle grandi città solo per veicoli a trazione elettrica, ibrida GPL o Metano (o altro che verrà..).

10) Intervenire sul Monopolio ENEL che – con le proprie società – crea un conflitto di interesse macroscopico nella sue duplice veste di “controllore” e “controllato”.

11) Rendere tutte le proposte armoniosamente legate all’occupazione giovanile ed alla riqualificazione ed reinserimento di risorse umane in cerca di nuova occupazione, per ragioni di chiara opportunità per il Sistema Paese.

12) Sburocratizzare le procedure autorizzative attraverso un utilizzo maggiore dell’asseverazione.

Italia, 24/11/2011

Innovatori Europei e SOS Rinnovabili

www.innovatorieuropei.com

www.sosrinnovabili.net

 Facebook group: http://www.facebook.com/groups/246254908762267/

“Prima Persona” presenta “European Common Goods” al Parlamento Europeo

Domani, 23 Novembre al Parlamento Europeo di Brussels l’associazione promossa dal Vice Presidente Gianni Pittella – Prima Persona – presenterà  il manifesto “European Common Goods“.

Innovatori Europei Brussels partecipa all’iniziativa e porta con sè la Bozza del Manifesto “Ricostruiamo l’Italia con le Rinnovabili”, promosso insieme a SOS Rinnovabili, per nuovi suggerimenti e proposte migliorative.

Vi aspettiamo.

 Per chi volesse contattarci: infoinnovatorieuropei@gmail.com

E ora subito una “Patrimoniale” per lanciare i “Cantieri di Crescita”

di Innovatori Europei

Oggi gli spread sul decennale BTP – BUND tornano a 540 punti base.

E’ la prova evidente che i mercati sono in attesa frenetica di novità concrete e riforme dall’Italia.

Speriamo allora che questo fortissimo Governo Monti dia una risposta netta al mondo e cominci subito – con un accordo bipartisan – da una PATRIMONIALE da almeno 100 miliardi di euro l’anno per abbassare lo “Stock di Debito” e rilanciare “Cantieri di Crescita”.

Un esempio di Cantiere? La valorizzazione del patrimonio immobiliare attraverso efficientiamento energetico, di cui discutiamo nel “Cantiere per le Rinnovabili”.

Senza una PATRIMONIALE ,rischiamo di perdere un’occasione storica di rilancio e di leadership europea per colpa di chi ci ha portato a livelli altissimi di rischio default, con l’ingresso nel “club dei 500”.

Agiamo subito, valorizzando il Paese, prima di doverlo svendere o dismettere ai mercati.

Apriamo un Cantiere per le rinnovabili in Italia? Aggiornamento

 Mentre da Trento il mondo digitale già ha lanciato un appello al Senatore e premier in pectore Monti a favore del mondo digitale,  manca un’iniziativa per il settore trainante e a maggiore potenziale di crescita per i prossimi anni in Italia, duramente, volutamente e stupidamente colpito durante questo Governo: quello delle rinnovabili.

Allora io credo sarebbe necessario mettere rapidamente insieme una iniziativa comune proveniente dal mondo dell’associazionismo.

Ecco la proposta:

–          Aprire un cantiere di discussione su come vogliamo il futuro energetico e ambientale del Paese e sulle poche ma sostanziali iniziative che pubblico e privato dovrebbero a nostro avviso sostenere per raggiungerlo.

–          A valle della discussione, scrivere un “manifesto verde” ed inviarlo subito al Governo Monti affinchè si cominci seriamente a legiferare a favore di un settore che può ancora segnare una rivoluzione industriale anche in Italia.

News del 14/11/2011

Ecco le prime idee per un Manifesto Verde:

– La nascita di una Green Bank per il finanziamento della micro generazione da fonti rinnovabili

–  Piano di efficientamento energetico degli edifici pubblici italiani per il rilancio della ricerca e della competitività del settore fotovoltaico

– Un piano di sviluppo Paese incentrato sulle parole “Sole” e “Patrimonio culturale”

 La associazione SOS Rinnovabili rilancia l’iniziativa sul proprio sito.

News del 15/11/2011

Un primo gruppo di lavoro sta mettendo insieme le idee che stanno pervenendo per definire una versione iniziale del MANIFESTO VERDE del Cantiere Rinnovabili.

News del 17/11/2011

Un’idea progetto per il rilancio del Paese: Partendo dall’idea del fondo immobiliare pubblico (alla Boeri) che poi emette Bond di rating AAA, vi si associa la valorizzazione del patrimonio immobiliare inseritovi tramite efficientamento energetico, che ha oggi un effetto consistente sui valori immobiliari, e che contemporaneamente può essere il driver per una nuova fase di crescita industriale del settore rinnovabili. Un intervento qualitativamente “a costo zero” se si considera l’effetto valorizzazione immobiliare dell’efficientamento energetico sull’immobile.
 
 

Alla nostra energia ci pensi Iddio!

di Andrea Bonzanni su Lo Spazio della Politica

Sono passati solo tre mesi dal referendum abrogativo sul nucleare ma sembrano secoli. Gli studi televisivi e le pagine dei giornali di quei giorni, croce e delizia di noi geeks dell’energia, non ci sono più. I discorsi sopra i massimi sistemi (energetici) si fanno al massimo in qualche convegno. Vox populi vox dei, è vero. E il popolo il suo verdetto l’ha dato. Ma i temi sollevati in quei giorni, al netto delle tirate di Celentano e soci, non possono essere seppelliti da una croce su una scheda elettorale e dall’abrogazione di un paio di commi di un decreto-legge.

Bocciata dalla volontà popolare la discutibile opzione nucleare, continuare con il business as usual non è tra le possibilità da annoverare. Vi sono impegni vincolanti di riduzione delle emissioni di CO2 che l’Italia, in quanto membro dell’Unione Europea, ha sottoscritto e deve rispettare. Vero è che a noi questi obiettivi non sono mai piaciuti: la voce grossa di Stefania Prestigiacomo al Consiglio europeo dei ministri dell’ambiente nel 2008 è stata una delle ultime battaglie italiane in seno alle istituzioni europee. I Polacchi, orgogliosi delle loro miniere di carbone, ci sono anche venuti dietro, ma gli altri hanno preso una strada diversa e con buona pace dobbiamo adeguarci.

Gli obiettivi per il 2020 saranno raggiunti più per cause contingenti che per meriti della nostra politica energetica. La caduta e stagnazione del PIL, cui la domanda di energia è fortemente correlata, ci dovrebbe permettere di ridurre le emissioni di CO2 del 20%. La quota del 20% di fabbisogno energetico coperta da energie rinnovabili sarà composta per oltre la metà da centrali idroelettriche, vale a dire da investimenti in larga parte realizzati dalla buona vecchia ENEL pubblica, più o meno nel neolitico.

Ce la siamo cavati, verrebbe da dire. Ma non basta. L’Unione Europea, cui certo non mancano ambizione e visione di lungo periodo, ha rilanciato e proposto una riduzione delle emissioni di CO2 tra l’80% e il 95% nel 2050. Un gruppo di 15 esperti sta preparando una Roadmap con scenari e opzioni su come raggiungere l’obiettivo. La pubblicazione del documento è prevista per la fine di novembre, poi inizierà il lungo e intricato iter legislativo europeo.

La battaglia delle idee e degli interessi è già cominciata. Nucleare, rinnovabili, gas naturale e carbone, soli o « puliti » da tecnologie di cattura e sequestro del carbonio sono ai blocchi di partenza, con i loro pregi e difetti, simpatizzanti e nemici, paesi, industrie e partiti di riferimento.Anche a livello nazionale le posizioni sono ben definite: la Germania industriale spinge forte sull’innovazione tecnologica sperando che il resto d’Europa compri tecnologia tedesca. La Gran Bretagna dei commercianti e dei finanzieri punta sulle interconnessioni e mira ad esportare l’eolico del Mare del Nord verso il continente. La Francia con il nucleare è grossomodo a posto così. La Polonia fa blocco e ambisce a ergersi alla testa di un gruppetto di scettici centro-orientali per strappare qualche concessione, magari sul budget 2014-2020 in corso di discussione.

L’Italia è assente ingiustificato. La totale latitanza di un paese fondatore, quarta economia dell’UE, da un dibattito di tale rilevanza rispecchia la debolezza e l’isolamento di cui ahimè soffriamo nell’Europa di oggi. Ma se nel 2050 l’attuale governo, i suoi ministri e (quasi) tutti i parlamentari non ci saranno più, ci sarà ancora un paese che godrà o piangerà delle politiche adottate in questi mesi. Nel settore energetico si parla di foresight e lock-in : le decisioni prese oggi avranno un impatto sui prossimi 20, 30 e 40 anni.

Sarebbe facile prendersela solo con il governo che non governa, che pure ha le sue gravi colpe. Ma su questi temi, una mancanza di progettualità è dovuta anche alla scarsa qualità del dibattito pubblico, che si limita a slogan ad effetto e posizioni a priori senza risolvere certi nodi chiave.

Siamo disposti a sussidiare fonti rinnovabili, accettandone l’impatto sul bilancio pubblico o sui prezzi in bolletta? OK, ma i cittadini contribuenti e consumatori devono esserne informati, evitiamo pasticci alla Quarto Conto Energia.

Crediamo che alcune di queste tecnologie siano particolarmente promettenti e valga la pena scommetterci, magari sfruttando qualche vantaggio comparato del Bel Paese?Attenti ai buchi nell’acqua però, e non pensiamo di poter puntare sul manifatturiero, come purtroppo sta avvenendo. Nella nostra economia aperta, queste attività ad alta intensità di lavoro vanno dove il lavoro costa meno, lascio indovinare a voi dove.

Deleghiamo in toto la transizione all’industria elettrica, lasciando ai colossi del settore la responsabilità di prendere decisioni strategiche chiave? Non è uno scandalo, ma non ci si può aspettare beneficienza. È comunque necessario un quadro legislativo serio che fornisca alle imprese chiari incentivi per ridurre le emissioni.

Certo, la crisi, l’euro, la finanziaria, i tagli, la crescita ci tengono occupati e in uno dei più bui periodi di crisi economica e politica nella storia del nostro Paese parlare di reti elettriche e emissioni di CO2 può sembrare futile e un po’ snob. Ma,per dirla con Kissinger, che di strategia due cose ne sapeva, non possiamo trascurare l’importante per occuparci soltanto dell’urgente. Ritorniamo a parlare di questi temi. È importante, e nemmeno troppo poco urgente!

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