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Pd/ Se Milano piange, nemmeno Roma sorride

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(di Pierluigi Sorti)

L’esito delle primarie di coalizione di Milano, della scorsa domenica, scuote la coscienza del partito democratico e apre nuovi interrogativi sulla credibilità della sua politica. Quale più idoneo termometro può misurare lo stato di armonia di un partito con l’ opinione pubblica delle primarie ?

Con le primarie della scorsa domenica,  hanno scritto, Milano ha forse  ritrovato il suo antico ruolo di precorritore di svolte politiche del paese tutto ma, verità vuole, il numero dei segni premonitori della crisi del Pd, era, in sequenza, evidente da molto tempo. . 

Le Puglie, Firenze ( duplice caso ) , le elezioni europee e regionali ( 4 milioni di voti assoluti perduti )  dopo la sconfitta delle elezioni del 2008, erano segnali manifesti di una crisi la cui terapia, non poteva essere limitata alla formale rotazione degli incarichi di un esiguo gruppo di alti rappresentanti dell’ apparato.

Dove, l’ illusione di poter rimuovere lo stato di scollamento tutta giocata sulla politica degli organigrammi degli apparati nazionali e, giù “per li rami”, di quelli regionali e provinciali, ha messo a nudo la sua impotenza e la sua insensibilità alle realtà nazionali e locali.

Una piramide di apparati, quella del Pd che, per spirito gregario o per impreparazione culturale di base hanno solo un canone interpretativo che li guida : l’ossessione della appartenenza, non al partito e alla sua ricchezza culturale, ma al dirigente locale presunto di possedere le “chiavi del cor” di qualche potente dirigente nazionale.   

Ne troviamo la conferma in queste stesse ore a Roma dove, dopo dilazioni reiterate (  con il partito  regionale del partito, in stato commissariale ) sono in corso le operazioni del congresso cittadino del Pd , con la elezione dei coordinatori di circolo, di municipio fino all’ apice del segretario cittadino.

E’ infatti stupefacente la reticenza ( se non addirittura la incapacità percettiva ) dei singoli candidati alle varie cariche, di affrontare la crisi del partito e con l’unico scrupolo di presentare credenziali politiche avarissime di riferimenti politici, in salsa prevalente di stucchevoli richiami alla “necessaria unità del partito”, di denuncia del “degrado della città”, e del malgoverno di Berlusconi.

E’ qui, in questa città dove pur operano alcuni massimi – e storici – dirigenti nazionali che alligna forse il tasso più alto di conformismo di partito e dimentico del continuo flettere di iscritti ed elettori. Solo la diagnosi del quale e una prognosi adeguata per rimuoverlo, può ancora costituire l’ alternativa alle scorciatoie del “fare” politica con la strada maestra dell’ “agire” politicamente.

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