Significativamente Oltre

Giorni sciupati. Irresponsabilmente

ranieridi Umberto Ranieri su L’Unità, 21 novembre 2013

Il dibattito congressuale (come si diceva un tempo) dovrebbe consentire di capirne di più sul perché a febbraio gli elettori non hanno dato a Bersani la maggioranza per governare il Paese. Ricavo tuttavia dalle considerazioni  di Letta e Bersani svolte alla presentazione di “Giorni bugiardi” che vi sia una sorta di inconsapevolezza della sconfitta. Colpisce  si possa sostenere  che la disperata ricerca da parte di Bersani di un aggancio con il M5S sia stata una operazione politica tesa a smascherare i grillini e a preparare il governo delle larghe intese. Operazione resa necessaria dal fatto, si sostiene, che  “il popolo del Pd” doveva prima prendere atto che con il M5S non c’era alcuna possibilità di intesa, per poi bere il calice amaro dell’accordo con il Pdl. Ne discende da questa  fantasiosa ricostruzione degli avvenimenti  che Bersani si è immolato alla causa del governo con Berlusconi! Se questo è l’esito della riflessione dei principali dirigenti del Pd sulle recenti  difficili vicende politiche del Paese siamo veramente nei pasticci. Le cose sono andate ben diversamente.

Nelle settimane successive al voto gli stessi responsabili della sconfitta hanno cacciato il Pd nel vicolo cieco della avventurosa ricerca di un accordo con il M5S nella speranza che, alla fine, almeno una pattuglia di grillini avrebbe dato il via libera al governo Bersani. Sconcertante che nessuno si sia opposto ad una simile follia.  Anzi: l’incoraggiamento a Bersani a procedere in questa direzione è stato quasi unanime. Una linea di condotta dissennata. Il Pd è giunto al voto per il Quirinale estenuato politicamente e frastornato, dopo 55 “giorni irresponsabilmente sciupati”. La sfiducia nel gruppo dirigente era ormai tale che tanti hanno temuto che il voto sul presidente fosse  l’anticamera di un cedimento a Berlusconi. Qui è crollato Marini. Il passaggio su Prodi è stato improvvisato da un gruppo dirigente preda della disperazione. Con Marini si è tentato l’accordo con la destra, con Prodi in meno di 12 ore ci si è spostati su una linea del tutto opposta. Prodi è stato mandato all’avventura. Il ricorso a Napolitano è diventato inevitabile. Inevitabile è diventato anche l’accordo di governo tra Pd e Pdl.  Sarebbe stato possibile evitarlo  se ci fosse stata la presa d’atto da parte di Bersani che, non avendo convinto come  candidato premier  gli elettori,  non era riproponibile per quell’incarico . Questo avrebbe comportato  il passaggio  nelle mani del presidente della Repubblica della soluzione della crisi. Sarebbero state maggiori  probabilmente, in quel caso, le possibilità di giungere ad un governo dal forte profilo istituzionale, in grado di adottare alcune misure urgenti nel campo economico, di lavorare per una nuova legge elettorale in modo tale da ridare la parola ai cittadini. Si è scelto un’altra strada per responsabilità degli stessi che avevano condotto alla batosta di febbraio.

Un’ultima considerazione. L’affermazione di Renzi nel voto dei circoli è indiscutibile. Forse è il caso che D’Alema riduca le invettive e rifletta sulle ragioni del successo del sindaco di Firenze.              Le ritroverà negli errori politici, nello stile di direzione, e nei comportamenti del gruppo dirigente del Pd di questi ultimi anni. Renzi ha raccolto una domanda di cambiamento diffusa nel partito e negli elettori. Non riesco tuttavia a capacitarmi come si schierino con Renzi  tanti che non tre anni fa ma tre mesi fa la loro fedeltà non l’avevano fatta mancare a Bersani né alle primarie né successivamente. Una fedeltà che si accompagnava a vere e proprie rampogne verso Renzi.                   E’ impressionante come tra i protagonisti di questa disinvolta operazione non si manifesti alcuna riflessione critica sulle scelte che hanno condotto il Pd alla sconfitta. Non vorrei che il sostegno a Renzi da parte di alcuni non sia altro che il tentativo di puntare sul cavallo dato vincente per restare a galla.  Mi auguro che Renzi sia consapevole dei rischi di questa situazione. La sua forza è consistita nella chiarezza di un indirizzo politico alternativo  e nella volontà di non identificarsi  né con la nomenclatura correntizia né con una classe dirigente usurata da una troppo lunga permanenza al potere.  Egli ha assunto l’impegno di ricostruire il futuro intorno ad un progetto di partito aperto, oltre la forma tradizionale. Un partito di individui e non di truppe cammellate. Un partito  cui si aderisca consapevolmente e pagando di tasca propria la quota tessera non come accade oggi in tante parti del mezzogiorno dove, in una misura insopportabile, la iscrizione al partito è pagata dai  notabili e dai capi corrente che utilizzano  iscritti ridotti ad anime morte per le loro avventure di potere.  Insomma, Renzi deve rivolgersi agli iscritti liberi da condizionamenti di gruppi di potere  e agli elettori del Pd. Questa è la strada maestra da seguire.

Umberto Ranieri

 

 

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