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“Adultizzazione e infantilizzazione” queste le dinamiche socio psicologiche dell’attuale cambiamento politico in Italia

cambiamentodi Giuseppina Bonaviri

Si, certo, gli errori si pagano e la scelta minoritaria che un Pd pseudo-progressista  ha fatto in un contesto italiota che cambia sempre più  velocemente all’interno, però, di  una forma istituzionale non revisionata ne ha ridotto i consensi. Un Pd che non ha scommesso sulla democrazia partecipativa e dunque seriamente competitiva ( primarie e parlamentarie  introflesse non sono state segno di emancipazione ) ma che ha continuato a forgiare fotocopie di correntine appiattite con candidati clonati, fax-simili. Una vittoria non vittoria: il Pd perde 8% dunque 3 milioni e mezzo di elettori ma, d’altronde, come ci indicano recenti teorie economiste americane ogni tre generazioni c’è il “periodico impazzimento dell’Europa”.

Abbiamo assistito ad una democrazia senza democrazia in questo allucinato scenario politico italiano 2013. La sostanza della democrazia rimane il potere dei cittadini di decidere del proprio destino in modo consapevole mentre, nelle attuali società democratiche, con lo stabilizzarsi sempre più evidente di posizioni di potere inaccessibili al controllo e alle decisioni della maggioranza si sono costituite barriere che impediscono alla comunità di essere società aperta.

La risposta va ricercata subito e con dovizia in profondità,  non invece  nelle reazioni futuribili di verosimili attentati spettacolari  cui  tanto sussurra l’intelligentia. Sarebbe poi troppo tardi.

Nella società moderna si è verificato un fenomeno socio psicologico in cui gli adulti si identificano con i giovani mitizzandoli con una conseguente adultizzazione dei giovani ed infantilizzazione degli adulti. Il prolungamento della giovinezza unito all’esclusione dalle opportunità sociali, pur paradossalmente nell’ambito di una dilazione generalizzata delle stesse opportunità sociali, crea diseguaglianze. Questo fenomeno sociale che si riscontra per la prima volta nella rivolta giovanile studentesca  americana nel 1965 nascendo dalla richiesta che emergeva da parte dei giovani di libertà e creatività provocò una “identificazione a rovescio” tanto che gli adulti si vollero immedesimare nelle giovani generazioni.

A questo, si aggiungano i ritardi di una società che stenta a riconoscere il mutato quadro di riferimento ponendosi in modo simmetrico rispetto al mutamento che stava avvenendo e causando come conseguenza immediata la caduta del “ruolo del padre” o meglio la “scomparsa dell’adulto autodiretto”. Quando un bambino diviene adolescente aspira ad una “identità adulta” ma nell’attualizzazione del modello su descritto non rinviene altro che un modello infantilizzato del padre/madre. Quindi si rispecchiain una copia di Sé di cui non sa che farsene col risultato che il giovane avrà a che fare con una socializzazione zoppicante, monca in un contesto sconosciuto ed incomprensibile per le proprie ancora limitate risorse conoscitive mentre il genitore dovrà fare i conti con la frustrazione di un ruolo mancato a cui rispondere con sempre maggiore infantilizzazione. Questo processo conduce ad un aumento della stesso fenomeno di infantilizzazione che a sua volta agirà come ovvio meccanismo di prolungamento dell’infantilità.

Si determina una giovinezza senza confini che si rispecchierà anche nei paradossi della società attuale. Si potrebbe ipotizzare che, venendo meno il processo di “cattura dei modelli”, si stabilizzi una adultizzazione della società che si concettualizza, in ultimo, nella visione di partito attuale che non c’è. In questa ultima competizione elettorale  è emerso  chiaramente un connotato di fondo: non ci sono più modelli da seguire.

La ricerca dei modelli, indispensabile per la costruzione di un Sé sano come di una società sana si trasforma, in questo particolare momento storico, in una grande delusione da parte di un cittadino-elettore che si sente abbandonato e dunque solo. L’avvio di nuovi movimenti che, per quanto finora illustrato, non possono che nascere già regrediti sul modello infantile fa si che l’elettore solo ma alla ricerca di una costruzione identitaria del  modello giusto ed innovativo cercherà presenze significative che sono invece assenti in questo contesto istituzionale. Ciò pregiudica autostima, competenza sociale, sviluppo del singolo come del gruppo. Questa ipotesi , che descrive i partiti come protesi di una sub cultura ed i movimenti di una contro cultura, da origine all’uomo che vive alla giornata, che non guarda al passato per paura di essere sopraffatto dalla nostalgia e che allunga l’occhio al futuro solo per cercare di capire come scampare al disastro che sente incombente.

Qui si innesca la disfatta di quell’Io minimo che, unico sovrano,  avrebbe lottato contro ogni avversità e qui nasce l’esigenza, per noi ora obbligo, ad una riflessione da imporre al Governo che verrà, fuori da conventicole di  vinti o vincitori ma per la ricostruzione della nostra Nazione.

 

2 risposte a “Adultizzazione e infantilizzazione” queste le dinamiche socio psicologiche dell’attuale cambiamento politico in Italia

  • angelo scrive:

    sono sempre intriganti queste disquisizioni basate su quelli che, una volta, si sarebbero detto “psicologismi”.
    hanno solo il difetto di non essere falsificabili, come usa dire in epistemologia, non dubito che l’autrice sappia perfettamente quel che si intenda.
    però temo anche che non siano applicabili con granché profitto da un punto di vista politico.
    invece le ultime politiche dovrebbero essere affrontare, manco a dirlo, da un punto di vista politico.
    si danno casi, a mia conoscenza, in cui cittadine con sindaci candidati alla camera per la coalizione di csx e usciti dalle primarie/parlamentarie con veri e propri plebisciti, che non siano stati eletti e addirittura nella loro stessa cittadina, dove erano stati eletti sindaci ancora con buone maggioranze, il M5S sia risultato di gran lunga il partito #1.
    in pratica non sono stati votati neppure da coloro che li avevano scelti alle parlamentarie (alta partecipazione).
    questo è accaduto più spesso che volentieri, ritengo: non hanno votato la coalizione alle politiche neppure tutti coloro che avevano partecipato con entusiasmo alle primarie e poi alle parlamentarie.
    la faccenda allora si fa più complessa.
    l’alternanza tra infantilizzazione e adultizzazione oscillerebbe non nella società, ma negli stessi individui/elettori?
    ed l’oscillazione avrebbe anche tempi molto stretti, più cicli in pochi mesi.

    mi chiedo se, invece che fare queste esegesi psicologistiche (non è un termine dispregiativo), non sarebbe più interessante limitarsi a capire dove il partito abbia sistematicamente, stolidamente fallito.
    insomma, non è che il “sé sano” sia quello che vota per la coalizione di csx, no?
    bene, sui partiti di cui parliamo senza nominarli, anche qui si potrebbe allora ricorrere alle spiegazioni psicologistiche.
    per esempio, i dirigenti degli apparati di partito (perché di questo stiamo parlando), sin dalla fondazione hanno mostrato una regressione infantilistica a loro volta (usando le categorie interpretative suggerite), e quindi sono stati, giustamente, ripagati con la stessa moneta.
    la stessa autrice del post lo ammette, in esordio e qui e là (senza tirare le conseguenze).
    bene, questo è il vero e l’unico problema, a mio avviso.
    non dimentichiamo che se bersani ha perduto 3.600.000 voti (uno più uno meno), ma veltroni da par suo ne aveva perduti 4.400.000!
    siamo onesti, il partito ha perduto voti e consenso, cioè adesione alla realtà, dal momento stesso in cui è trionfalmente nato.
    sin da allora (ma già da prima, basti pensare al famigerato comitato dei 45 :-), gli apparati di partito si sono preoccupati solo di affermare ognuno la propria filiera di potere in un’alternanza miope (e autolesionista), che ha adottato lo strumento, apparentemente partecipativo (qui ci sarebbe mica poco da discutere), delle primarie.
    che sono diventate la bandiera del partito. una bandiera a mezz’asta.
    dal veltroni/bersani a bersani/renzi, sono solo duelli interni tra apparati.
    la gente lo percepisce, pare.
    per cui partecipa numerosa alle primarie, ma come si partecipa ad un gioco o alle feste democratiche (delle sagre), ma poi nell’urna sa che non si gioca più, si fa sul serio, e vota altro.
    è infantilizzazione?
    a me sembrerebbe addirittura il contrario, una forma di responsabilizzazione: quando si gioca tra di noi va tutto bene, si sta al gioco; ma quando si fa sul serio (come a delle politiche, elezioni vere), allora si seguono altri criteri.
    bene, che poi la gente sia confusa, frastornata, bersagliata dalla disinformazione e in balìa del sistema-partiti di un modello di democrazia dirazzato… questo è chiaro a tutti, ma anche questa è una responsabilità dei partiti stessi (io non parlo di “politica”, ma di partiti), anzi del sistema-partiti, che non ha mai creduto si dovessero stabilire delle regole democratiche sostanziali (per esempio affrontando il conflitto di interessi, ma ovunque: vedi banche).
    per timore di perdere posizioni in un sistema ormai irrilevanti (sanno bene che oggi le decisioni politiche importanti non vengano prese dentro le trafile democratiche).
    ebbene abbiamo delle democrazie formali ma non sostanziali (il caso del governo monti è lapalissiano), perché la gente non dovrebbe (responsabilmente, non infantilmente), accorgersene e dichiararlo nelle urne con i (pochi) mezzi che ha a disposizione?
    dunque io userei ben altre categorie di interpretazione per capire le cose che accadono sotto il cielo, soprattutto se fossi in un partito (e, ahimé, lo sono), che dovrebbe governare una barca nella tempesta, e la tempesta non ha i confini del mio piccolo mare, ma è globale e assomiglia ogni giorno di più ad un cataclisma.
    invece francamente vediamo un partito ancora più preoccupato a dividersi e disputarsi le piccole posizioni di potere interno, dai circoli alle segreterie locali, che a governare la nave.
    chi c’è dentro lo sa.
    dovremmo onestamente ammettere che questa è la sua natura, che è nato per questo e, ahimé, non sembra in grado di fare altro.
    dispiace dirlo, ma il problema è nel partito, non negli elettori infantili.
    per il governo della nave si limita ad adottare le indicazioni standard, da manuale, vedi appoggio al governo monti.
    con le parole d’ordine di tutti, chi più chi meno, ormai fruste e svuotate di senso, a cui non crede più nessuno (salva l’italia, unità, democrazia, sostenibilità, crescita, equità, competitività… eccetera).
    è stato dimostrato che il comandante del titanic non commise in realtà nessun errore, si era semplicemente limitato a seguire le regole standard della navigazione sulla rotta che stava percorrendo.
    per evitare il disastro avrebbe dovuto invece adottare comportamenti “eretici”.
    non è che la gente non sia affatto infantile, ma che invece presenta oscuramente qualcosa di questo genere, e che quindi la società civile sia più avanti della cosiddetta società politica (sistema-partiti)?
    che gli adulti siano gli elettori e infantili siano i politicanti dei partiti, tutti i sistema-partiti delle nostre pseudodemocrazie?
    domande, nient’altro.

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