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QUALE FUTURO PER L’EURO MEDITERRANEO?

Quale futuro per la cooperazione Euro-mediterranea? (dal Gruppo Europa)
I dieci anni che separano la Conferenza di Barcellona (1995) da quella di Malta (2005) hanno rappresentato per la Cooperazione Euro-mediterranea un vero e proprio percorso sperimentale. In questi dieci anni il mondo è completamente cambiato. L’attacco dell’11 Settembre 2001 e le conseguenti politiche dell’Amministrazione Statunitense per l’attuazione del piano definito Grande Medio Oriente sono questioni ricadute fortemente sugli equilibri interni alla Cooperazione Euro-mediterranea. Se dieci anni prima la fine del sistema bipolare aveva liberato i Paesi dell’Europa orientale e dell’area Mediterranea da vecchi meccanismi costrittivi contribuendo alla nascita di nuove relazioni tra l’Unione Europea e i Paesi terzi, dal 2001 l’instabilità nell’area balcanica, in quella mediterranea e mediorientale ha compromesso molte delle politiche e degli obiettivi che il Partenariato Euro-mediterraneo si era prefissato.
Le stesse relazioni tra i Paesi appartenenti al Partenariato – tra alcuni Paesi Arabi e Israele e Israele e Autorità Palestinese – erano state messe in crisi da nuovi conflitti aperti. La crisi degli accordi di Camp Darby e del processo di Oslo, la morte di Arafat, la vittoria di Sharon e la conseguente vittoria di Hamas alle elezioni palestinesi unitamente alle scelte del Governo statunitense di aprire i fronti in Afghanistan ed Iraq e di lanciare la guerra globale al terrorismo hanno prodotto una crisi profonda tra Occidente e Medio Oriente tale da far intuire alle Istituzioni dell’Unione Europea di prendere atto del cambiamento accorso e di avviare delle politiche di aggiustamento delle Politiche di Partenariato.
Innanzitutto la Nuova Politica di Vicinato Europea – European Neighbourhood Policy (ENP) – è nata per unificare in un solo programma economico-finanziario ed in una politica estera semplificata, le relazioni europee con i Paesi appartenenti al Vicinato, definito da Xavier Solana “a ring of friends” un circolo di amici.
In secondo luogo il concetto strategico delle relazioni Euro-mediterranee, precedentemente basate sul Partenariato (accordi bilaterali e multilaterali tra Paesi terzi e Unione Europea) si strutturava sull’idea della cooperazione orizzontale e decentrata. L’ENPI invece stabilisce un criterio diverso che presuppone un modello “hub and spokes” cioè basato su un centro (Unione Europea) ed una periferia (Paesi Terzi appartenenti al Vicinato).
Questo vuol dire che i Paesi terzi per l’UE sono tutti sullo stesso piano e che si intende stabilire una nuova relazione diretta bilaterale con ogni singolo Paese. Esaustivo è il caso della Turchia, ma anche il processo avviato con alcuni Paesi terzi che assume connotati simili ad una cooperazione a doppia velocità. I Paesi terzi che hanno fatto più strada rispetto agli obiettivi stabiliti a Barcellona nel 1995 dai trattati di Partenariato sui temi delle riforme economiche e dei processi di democratizzazione saranno privilegiati rispetto ad altri. Se i programmi TACIS, PHARE, EUROMED erano istituiti appositamente da Regolamenti dell’UE per la cooperazione per aree geo-politiche specifiche, il programma ENPI attualmente appare generalista e purtroppo anche ridotto nelle sue dimensioni finanziarie, ma comunque pronto a premiare i più meritevoli. Bisognerà comunque ancora aspettare i documenti che indicheranno i sottoprogrammi operativi e pluriannuali per aree geo-economiche del Programma ENPI per giudicare e valutare il risultato concreto di queste iniziative europee.
Alessandro Massacesi

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