Significativamente Oltre

PRINCIPI COMUNI DI FLEXICURITY

di Alessandro Chiozzi

La “comunicazione” della Commissione Europea, Affari Sociali, sui principi per avvicinare l’Europa alla cosiddetta Flexicurity, ha incontrato immediate reazioni da parte dei Sindacati e della Sinistra: un secco NO dai primi; “Problemi più urgenti da affrontare” da parte dell’ex-ministro Treu (si veda Il Sole 24 Ore di Mercoledì 27 Giugno 2007).

La nuova comunicazione individua essenzialmente i “principi comuni” riguardo: la riduzione del divario tra coloro che hanno un’occupazione atipica, a volte precaria (outsider) da un lato, e coloro che hanno un lavoro permanente a tempo pieno (insider) dall’altro; lo sviluppo della flessicurezza interna (nell’impresa) ed esterna (tra le imprese); l’esigenza di un clima di fiducia tra le parti sociali e le autorità pubbliche.

A tal proposito, la Commissione indica quattro “percorsi tipici” che dovrebbero consentire agli Stati membri di definire una politica di flessicurezza adeguata alle proprie realtà nazionali:

1° percorso: risolvere il problema della segmentazione contrattuale. Si tratta di un percorso che presenta un interesse per quei paesi, quali l’Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo o la Grecia, che si trovano a dover far fronte ad una segmentazione dei mercati del lavoro, tra lavoratori garantiti e lavoratori esclusi dal mercato del lavoro;

2° percorso: sviluppare la flessicurezza nell’impresa e offrire la sicurezza nel corso delle transizioni.
Un percorso che presenta un interesse per i paesi come la Germania, l’Austria o il Belgio, nei quali il mercato del lavoro è più dinamico. Permette di aumentare gli investimenti destinati alla formazione dei lavoratori ed incrementare in tal modo la loro capacità di far fronte ai futuri cambiamenti dell’organizzazione del lavoro;

3° percorso: rispondere alla mancanza di competenze dei lavoratori. Di particolare interesse per quei paesi come la Gran Bretagna, i Paesi Bassi, l’Irlanda principalmente confrontati ad un deficit di competenze nella popolazione attiva.

4° percorso: far fronte alle gravi ristrutturazioni economiche osservate negli ultimi anni, come ad esempio nei nuovi Stati membri dell’UE, che hanno sistemi di protezione sociale poco sviluppati.
(fonte: Carlo Bittarelli su Visita il Sito delegazionepse.it).

Senza entrare nel merito di giudizi sulle soluzioni proposte e possibili, ritengo la questione di fondamentale importanza.

In particolare, la riduzione del divario tra insider (occupati stabili) e outsider (atipici) sia un tema che deve essere affrontato seriamente, subito, e soprattutto con coraggio.

I Sindacati si oppongono “a priori”, rivelandosi ancora una volta strenui difensori degli “insider” a scapito degli “outsider”.

Il Governo tarda, proponendo revisioni alla legge Biagi che hanno più una veste di facciata che quella di soluzioni concrete, come l’abolizione del c.d. “Staff Leasing”, una formula contrattuale già bocciata dal mercato e poco diffusa.

La Sinistra discute molto nel tentativo di trovare una ricetta condivisa.

Nel frattempo si assiste a fenomeni che invitano a riflettere: a Varese, sul totale dei lavoratori subordinati, i contratti atipici hanno recentemente superato i contratti “a tempo indeterminato” (circa il 52% contro 48%); contemporaneamente, nella stessa Provincia, il Centro-Destra si affermava alle elezioni amministrative con il 67% delle preferenze.

E’ vero che le elezioni amministrative non sempre rappresentano un segnale politico, ma davanti a numeri di questo tipo, è quantomeno evidente che gli “outsider”, sopratutto nel nord, non stanno trovando riferimenti e interlocutori seri a Sinistra.

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