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LE ONDE DELLA GLOBALIZZAZIONE

LE ONDE LUNGHE DELLA GLOBALIZZAZIONE

Roma, 24 luglio ‘08 (Fuoritutto) La calura del solleone non interrompe la laboriosità e l’attivismo del mondo politico e sindacale. Possiamo dunque agevolmente trascegliere, secondo le nostre inclinazioni, fra le innumerevoli iniziative che costellano le giornate romane.

Ci concentriamo con interesse sul convegno, svolto nei giorni scorsi presso il Cnel, a cura della Uil, e dedicato alle tematiche della “ partecipazione del mondo del lavoro alla gestione e all’azionariato delle imprese e delle iniziative economiche “.

Antico e ben noto problema, sempre irrisolto, come emerge dalle prime battute del convegno, che ebbe, come precursori illustri, figure di pensatori come John Stuart Mills e Giuseppe Mazzini, convinti sostenitori della necessaria armonia fra mondo del lavoro e capitale, e su sponda opposta, Karl Marx che ne postulava invece la radicale conflittualità.

Dilemma, comunque, che pur configurato dal dibattito nel quadro di circostanze storiche e geografiche in continuo mutamento, impone fatalmente la sua perenne attualità e quindi le necessarie ipotesi, seppur contingenti, di soluzione.

Così la relazione base del convegno (Domenico Proietti) propone soluzioni di tipo partecipativo e di cogestione, ma a un grado superiore del semplice livello di singola impresa, (pur previste nella Costituzione all’art.46).

In concreto il dirigente sindacale ha indicato nitidamente ipotesi di cogestione in fattispecie come quelle incarnate nei “Distretti industriali”, senza escluderle peraltro anche nelle holding nazionali e internazionali, per la loro frequente rilevanza economica, sociale e territoriale. Non si discostava sostanzialmente da tale impostazione, Pasquale Viespoli, sottosegretario al Welfare e da essa prende le mosse nelle conclusioni Luigi Angeletti che tocca il diapason dell’emotività dell’uditorio.
La globalizzazione, afferma il segretario della Uil, è una realtà da cui nessuno, piaccia o no, è in grado di prescindere: il mondo deve fare i conti con uno straripante capitalismo, per contenere il quale gli ordinamenti nazionali; ma anche gli organismi internazionali, sono sprovvisti di strumenti idonei. Le imprese possono difendersi principalmente con la propria capacità competitiva, la quale si realizza soprattutto con il miglioramento costante delle loro risorse umane.
Con tali premesse è giusto ostinarsi a perseguire, sul piano dottrinale, legislativo e sindacale una politica di parità salariali o affrontare strategie che privilegino tangibilmente i lavoratori più abili ed efficienti, magari anche a scapito dei livelli occupazionali?
E la nostra riflessione è corsa istintivamente, alle parole pronunciate, un paio di settimane or sono, dal presidente cubano Raoul Castro, che, da un paese di rivoluzione socialista, poneva concetti analoghi ….

… Chi mai l’ avrebbe potuto immaginare?

(Sor)

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