Significativamente Oltre

LA VIA DEMOCRATICA

Scelgliere il dialogo al posto di populismo e demagogia

di Tommaso Visone – Innovatori Europei

Le proposte formulate nel corso dello schietto ed ironico V-day (il cui nome è ripreso non a caso da una “brillante” sentenza della Corte di Cassazione) hanno suscitato un vespaio di polemiche che, per modalità ed argomentazioni, descrivono perfettamente la crisi del dibattito politico nel nostro Paese. A parte la reazione illuminata di chi (Cacciari, Bertinotti e la Bindi) si è sforzato di esporre una critica sensata alle idee del comico genovese, interrogandosi sui motivi del suo successo e della sua provocazione, si è assistito ad un continuo rigetto acritico (od in casi minoritari ad una, egualmente grave, adesione incondizionata) di affermazioni che, pur se lontane dall’essere pienamente condivisibili, toccano alcune problematiche vive nelle coscienze popolari.

Non si tratta di farne, come si sente da tanti benpensanti che al momento di scegliere le proprie alleanze elettorali si turano sin troppo facilmente il naso, semplicemente una questione di demagogia o di populismo (caratteristiche indubbiamente presenti ma denotative di un fenomeno più profondo); la peculiarità delle esternazioni grilline è la seguente: reificano lo sdegno dei cittadini.

Se i cittadini esprimono questo sdegno non è un caso. Il livello di degenerazione del sistema politico italiano è pari solo al declino costante del Paese in tutti gli ambiti di competizione internazionale: dal turismo alla produttività, dalla ricchezza alla qualità della vita. Se si apre un giornale per informarsi sullo stato del confronto politico, teoricamente atto a trovare delle soluzioni a queste cogenti questioni, si resta allibiti di fronte alla meschinità delle discussioni all’ordine del giorno. Si va dallo sciopero fiscale (illegale) alla costante accusa (eversiva) d”illegittimità nei confronti di un governo eletto democraticamente, dai ricatti (disgustosi) di un politicante che tiene in pugno una maggioranza-che definire condizionabile sarebbe un eufemismo-alla costante difesa (ipocrita) degli interessi costituiti a danno di quelli dei precari e dei giovani (purtroppo siamo ormai in presenza di un sinonimo). Come se non bastasse questo, si resta sgomenti a sentire l’argomentazione manichea di una classe politica che, ridotta allo stile espositivo paternalistico e volgare costruito negli ultimi tempi, non riesce (e non vuole) ad esprimere una visione od una critica che vada al di là di una contrapposizione categorica tra due assoluti. Il dibattito ed il dialogo sui contenuti (e non sugli slanci pseudomoraleggianti) appaiono stranieri in Italia. Questo anche grazie- per fare un esempio tra i tanti- agli anni passati in compagnia della propaganda di Schifani e Bondi, da un lato, e di Lusetti ed affini, dall’altro, i quali non hanno fatto altro che occupare (con l’avallo dei rispettivi leader) gli schermi televisivi e le tribune politiche ripetendo “la sinistra (o la destra nel caso di Lusetti) è brutta e cattiva” oppure loro (gli avversari politici) sono “pericolosi”, “banditi” o (minaccia suprema per quella parte del Paese rimasta culturalmente a combattere la Guerra fredda) “comunisti”.

Conseguentemente, ci si renderà conto che, se la demagogia ed il populismo sono rispettivamente “lo sfruttamento di alcuni difetti che si attribuiscono al popolo ( faciloneria, bramosia, superficialità, corruttibilità)” e la “convinzione che nel popolo”- in contrapposizione all’infida classe politica- “risiedano tutte le virtù civiche” (M.Tarchi), tutto lo stile politico italiano degli ultimi vent’anni è descrivibile attraverso questi due concetti. Risulta, dunque, naturale che cittadini educati attraverso un linguaggio ed una prassi populistica e demagogica siano più propensi ad esternare il loro sdegno utilizzando questa forma mentis . Affermazioni esacrabili e sitgmatizzabili -come “dobbiamo distruggere i partiti”- risultano dunque figlie precipue di un contesto comunicativo che ha fatto della banalizzazione e dell’attacco indiscriminato le sue peculiarità. Ma, indipendentemente dalla forma e dalla sostanza delle proposte scaturite dall’iniziativa di Grillo, i problemi che hanno condotto a quest’ultima restano, gravi e imprescindibili.

Tenendo presente le osservazioni di cui sopra, le vie che si aprono oggi a chi voglia fare politica sembrano due. La prima è quella sopra descritta, caratterizzata da un mix di populismo e demagogia, dallo scontro mediatico interno all’elitè politica che conduce inevitabilmente al distacco tra questa ed i cittadini ed alle conseguenti forme (che nel caso del comico genovese meritano una critica nel contenuto e non di principio) di movimentismo contro il potere. La seconda è la via del dialogo sul tenore delle riforme tra le forze politiche e la società civile al fine di delineare una piattaforma (che sia il più possibile condivisa ed all’avanguardia) per il rilancio del paese. Questa strada, che- ad avviso di chi scrive- resta la migliore in un contesto democratico (in quanto “…la democrazia è una pratica estremamente complessa, che rifiuta improvvisazioni, facili generalizzazioni, più o meno ingegnose innovazioni, ed è per di più un meccanismo molto delicato che si guasta al minimo urto”, N.Bobbio) appare oggi semi-deserta. Le uniche positive eccezioni sembrano essere E.Letta, che ha lanciato una piattaforma di discussione a Piacenza (sul modello del festival della letteratura di Mantova) per il suo programma come candidato segretario del P.D e l’iniziativa di Coalizione Generazionale. Nel caso della piattaforma organizzata da Letta è stato possibile ascoltare (ed intervenire!) per ore gli interventi degli esperti e della società civile su tematiche come la forma strutturale ed organizzativa che dovrà assumere il futuro Partito Democratico o, ad esempio, la questione meridionale. Nel caso di Coalizione Generazionale si è, invece, lanciato un invito alla partecipazione dei giovani per la costruzione del proprio futuro mediante la presentazione di liste undertrentacinque che supportino una piattaforma di idee innovative su cui gli stessi giovani sono chiamati al confronto ed al dialogo. I punti toccati dalla discussione instaurata da Coalizione Generazionale appaiono fondamentali: partiti e nuova classe dirigente, sistema elettorale, precarietà del lavoro e welfare, Unione Europea (della quale purtroppo si parla sempre troppo poco), università e ricerca (altro punto tristemente abbandonato dal dibattito politico), pensioni, sviluppo italiano e riforma delle professioni.

In entrambi i casi (E.Letta e Coalizione Generazionale) si è di fronte ad una positiva eccezione che privilegia il dialogo nel merito alle aggressioni mediatiche. Rifiutando queste ultime ci s’incammina nell’unica via percorribile per una soluzione duratura alla crisi della politica e della democrazia, quella che passa dal confronto critico tra le idee.

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