Significativamente Oltre

INTERVISTA SEN. MAGISTRELLI

Intervista alla Senatrice Marina Magistrelli (Ulivo).

Commissione giustizia; Commissione permanente Politiche dell?Unione Europea; Consiglio di garanzia; membro dei 45 del Comitato per il Partito Democratico.

Dunque, Walter Veltroni, ha garantito le sua candidatura per il partito Democratico ma, una buona parte della Margherita, non ha mostrato grandi entusiasmi.

Walter Veltroni è sempre stato il candidato naturale. Fu lui che con Prodi e Parisi, segnò la strada dell’Ulivo. Con lui si sono vissuti tutti quei passaggi, tra gioie e dolori che poi hanno portato al Partito Democratico. Nulla, dunque, sulla persona. A mio parere, però, Walter non si dovrebbe lasciar trascinare verso la candidatura unica. In effetti, è una candidatura imposta con il classico e vetusto sistema dei partiti. In fondo, il metodo adottato dai DS nel fare il suo nome, è l’esatto opposto di quello che avevamo sempre pensato per il nuovo partito.

Mi spiego. Il Partito democratico basa la sua forza costitutiva sull’attenzione ad una esigenza di nuovo che si sente nel paese: la volontà di uscire dai vecchi schemi di partito. Proprio per il bisogno di cambiamento auspicato, ci aspettavamo che raccogliesse la sfida di correre con più candidati alla segreteria del PD. Invece, è stato candidato dal segretario dei DS, Piero Fassino e in nome dell’unità del partito, Bersani, ha rinunciato a candidarsi. Personalmente, mi sarei aspettata che Veltroni partecipasse ad una competizione vera.

Come dire: candidatura sì, ma insieme ad altre per la guida del Partito Democratico.
E’ stata scelta la formula della ratifica e mi dispiace perché questo lo indebolisce. Lo si vede dal dibattito che c’è in questi giorni sulla stampa ed in televisione.

Lei è in linea con quanto affermato dal Ministro Parisi che la candidatura unica di Veltroni sarebbe la peggiore candidatura pur essendo il migliore candidato?

Sì, convengo. E’ la peggiore perché, come detto, lo indebolisce. Meglio avrebbe fatto a non accettare la candidatura come è stata formulata da Piero Fassino e cioè per nome e conto dei DS. Partecipare ad una competizione, sarebbe stato auspicabile per la sua stessa elezione a segretario del PD.

Rinnovamento allora, ma come spiega allora che il comitato dei 45 non annovera giovani quarantenni al suo interno?

Una questione giovani esiste. Però, è necessario che questi, siano “giovani veri”. Nel mondo della politica noi abbiamo giovani che, qualche volta, sono peggio degli adulti, cioè, giovani che entrano non dalla porta ma dalla finestra con l’istituto della cooptazione e messi lì dal grande fratello. Noi vogliamo, invece, che la politica apra alla partecipazione dei giovani e che il giovane diventi attivista, che partecipi, che soffra, che lavori per la politica. Poi, ci penserà la selezione naturale a fargli trovare la sua collocazione.
In politica, abbiamo qualche giovane che non ha mai lavorato e che è già vecchio nell’ esperienza politica. Magari ha 30 anni ma sono già 20 anni che fa politica, così come, al contrario, esistono persone che pur avendo 65 anni, sono in politica da soli 5 o 6 anni. Il problema, quindi, non è l’età. Il problema è che la politica deve trovare un modo per dare opportunità a tutti di entrare a farvi parte.

Ma come si fa se si presentano sempre gli stessi veterani, che sono disposti a candidarsi a tutte le cariche?

C’è una classe dirigente nella politica che, in qualche modo, riperpetua sé stessa. Diciamola così. Dobbiamo liberare la politica e ci riusciremo solamente attraverso una competizione vera.

Un tappo rappresentato da personalità come Dini, dice che sarà facile da togliere?

Non dobbiamo essere estremisti in queste posizioni. C’è la necessità, nei nuovi organismi, anche di tenere, al proprio interno, quanti hanno espresso una idea, una storia. Personalmente, sono più per mixare le appartenenze, le età, i generi. Viviamo in un paese plurale e questa pluralità deve essere rappresentata anche dentro il PD. Naturalmente la ribellione che si sente nel paese va presa in considerazione. Al “voglio esserci” al “voglio partecipare alle decisioni” deve seguire la volontà di mettersi in competizione. L’operazione che noi stiamo pensando di fare il 14 ottobre, è esattamente questa. Il nostro elettorato sarà chiamato a votare per creare le basi affinché la nuova classe dirigente, non sia una classe dirigente autoreferenziale ma una classe dirigente frutto di primarie anche nei vari livelli territoriali.

Nessun paracadute per nessuno. Alla data del 14 ottobre dovremmo arrivare senza i soliti accordi di partito per cui ci si dividono i posti. Oltre alle persone, dovranno essere considerati i progetti, gli obiettivi politici, la linea e l’indirizzo politico proposto.

Una volta fatto tutto questo, quali sono le priorità cui dovrà dedicarsi il PD?

L’emergenza assoluta è la legge elettorale. Ci troviamo davanti ad una emergenza democratica. Non ci dobbiamo dimenticare che le nostre attuali difficoltà erano state previste anzi, volute, dalla Cdl. Avevano previsto che il centrosinistra avrebbe vinto le elezioni e che avrebbe avuto difficoltà a governare. Dobbiamo cambiare questa legge elettorale con le buone o con le cattive. Le “buone” saranno gli accordi tra i partiti, le “cattive”, chiamare i cittadini ad esprimersi sul referendum.

Scusi le insistenze, parliamo di giovani nel PD e poi reclutate Follini che ha militato dall’altra parte. I giovani intanto, arrivano tardi su tutte le tappe della loro vita.

E’ tutto vero. C’è bisogno di riformare. Le riforme le abbiamo individuate nel programma, adesso aspettiamo solamente di poterle attuare. Ma per aiutare i giovani in questo momento, mi sembra che bisogna partire dai problemi di sistema, come la riforma delle pensioni, in modo da dare un futuro anche ai giovani che un domani arriveranno all’età pensionabile. Dare a questi ragazzi la possibilità di crearsi una famiglia, accendere un mutuo, comprare una casa, trovare lavoro. C’è bisogno di un’azione politica che accompagni i giovani verso la vita sociale.

Intorno alla questione “giovani” si fa molta demagogia. Non crede che è il terreno fertile per la retorica politica?

Penso per i giovani le stesse cose, mutatis mutandis, che penso per le donne. Dobbiamo evitare di fare i cosiddetti “movimenti giovanili” e i “movimenti delle donne” perché rischiano di diventare luoghi di emarginazione. Noi della Margherita, queste cose per le donne non le abbiamo fatte. Siamo poche, è vero, ma almeno lavoriamo insieme nel partito. Non abbiamo creato la riserva indiana.

Ai giovani chiediamo volontariato, partecipazione, capacità di prendere iniziative politiche. Questo significa “formarsi” alla politica. La prima preoccupazione non sono le cariche o chi farà che cosa.

Cosa ha il Partito Democratico, in più, rispetto ai DS ed alla Margherita?

La forma di partito. Con il PD abbiamo scelto di essere un partito plurale, non un partito identitario. Vogliamo un partito che pensi, soprattutto, più che alla propria identità, al governo del paese.

Salvatore Viglia

Direttore di www.politicamentecorretto.com

 

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